La Mummia è un classico del cinema horror e del cinema di avventura uscito nel 1932, diretto da Karl Freund e prodotto dalla Universal Pictures.
La pellicola ha la sua innegabile impronta nel genere, tanto da essere un prodotto con numerosi sequel, remake e riferimenti culturali accumulati nel corso degli anni.
La figura della mummia è un’icona della cultura popolare grazie anche a questo film, poiché non è stato sempre così: bisogna considerare che, a differenza di vampiri, lupi mannari e fantasmi, la mummia non ha una tradizione letteraria alle spalle proprio perché tale figura non è mai stata pensata per ritornare nel mondo dei vivi (e mi fermo qui o ci addentreremo nella storia della mitologia egizia), eppure essa inizia a godere di tanto fascino da essere utilizzata come corpo ideale di mito, mistero e – soprattutto – paura.
La Mummia, la trama del film di Karl Freund del 1932
Siamo a Tebe nel 1921 e un team di archeologi sono impegnati in una spedizione del British Museum guidato da Sir Joseph Whemple (Arthur Byron), dove scoprono un sarcofago contenente la mummia del sacerdote Imhotep.
Mentre tentano di esaminare il corpo mummificato e il sarcofago, uno dei membri della spedizione legge ad alta voce un’antica maledizione dal papiro che in seguito si scoprirà essere il Libro di Thot.
Questo atto risveglia involontariamente la mummia e il suo desiderio di essere riunita con l’amore della sua vita, reincarnata in una donna moderna.

La mummia, dunque, fugge con il papiro e prende le sembianze, undici anni più tardi, di Ardath Bey (Boris Karloff), un umile gentiluomo egiziano. Quest’ultimo, con l’intenzione di riportare in vita la sua antica amata Ankh-es-en-Amon, fornisce indizi sull’ubicazione della tomba di lei a un’équipe di archeologi.
Alcune settimane dopo, al Cairo, il sacerdote vede in Helen Grosvenor (Zita Johann), fidanzata di Frank Whemple (David Manners), uno degli archeologi cui si era rivolto, la reicarnazione di Ankh-es-en-Amon e perciò la rapisce per sacrificarla in un rito che le dovrebbe dare la vita eterna facendola tornare quella di un tempo. La mummia reincarnata terrorizza chiunque si ponga sul suo cammino ed elimina coloro che cercano di ostacolare i suoi folli desideri.
Durante la cerimonia, Helen pian piano recupera i ricordi della sua vita precedente come sacerdotessa di Iside: in questo modo riesce ad implorare la dea che interviene miracolosamente eliminando Imhotep, che trova la morte come punizione divina alle sue malefatte.
Cosa ci portiamo dietro dopo la visione del film di Freund

Il film rimane interessante soprattutto da un punto di vista culturale per svariati motivi.
I primi anni del cinema produssero oltre quaranta film a tema egiziano (come Cleopatra di Georges Méliès), ma la fascinazione per il mondo dell’Antico Egitto non è l’unico dettaglio che porta alla realizzazione di La Mummia nel ’32. In particolare, l’Occidente era profondamente affascinato dalla scoperta dell’armatura quasi intatta nella tomba di Tutankhamon nella Valle dei Re del 1922, rinnovando notevolmente l’interesse del pubblico per la leggenda di una presunta maledizione del faraone.
Secondo i documenti presenti in THE MUMMY in context di Richard Freeman, quello che alla fine sarebbe diventato La Mummia nasce come un potenziale film su un famoso occultista-mago di nome Alessandro Cagliostro, raccontando la storia di un uomo che si rende immortale attraverso l’uso dei nitrati.

Il produttore della Universal Junior Laemmle, soddisfatto dell’idea, ha assunto John Balderston per scrivere la sceneggiatura, ma quest’ultimo che, oltre ad aver scritto le opere teatrali americane che avevano costituito la base per Dracula e Frankenstein, è anche giornalista e meno di un decennio prima assiste proprio all’apertura tomba di Tutankhamon. Balderston trasforma così Cagliostro in qualcosa di più egiziano, usa il suo Dracula come modello e realizza la sceneggiatura di La Mummia.
Tutto ciò avveniva in un momento storico segnato dalla Grande Depressione, quando in America le storie fantastiche di miti e misteri rappresentavano la fuga perfetta dalla realtà economica non favorevole per le classi sociali più basse.
Ma la pellicola, oltre ad essere figlia di quel tempo, è sicuramente passata alla storia per la regia di Karl Freund, precedentemente noto per il suo lavoro come direttore della fotografia in Nosferatu e Dracula di Tod Browning.
Tra i silenzi e le risate “post-traumatiche”, le ferme inquadrature di Freund creano un’atmosfera cupa, che al meglio fanno raccogliere allo spettatore le espressioni degli attori e i tentennamenti dei loro corpi.

Tra l’altro è da notare che il volto di Karloff è perfettamente tenebroso, sovraccarico e truccato pesantemente proprio come è solito nel cinema espressionista tipico di quegli anni, indicando una contaminazione di generi europei e americani.
Gli effetti speciali, considerando che siamo negli anni ’30, sono sorprendentemente ben fatti, così come il trucco prostetico del talentuoso Pierce o l’attenzione per i dettagli sulle sacre scritture: tutti questi elementi sono molto piacevoli da vedere, insieme all’interpretazione di Boris Karloff con la sua voce ben impostata (la trasformazione da una mummia spettrale a un uomo affascinante è notevole, ma anche la mummificazione da vivo ha una forte intensità che si percepisce proprio dai suoi occhi). Meno piacevole, e troppo melodrammatica in alcuni tratti, la recitazione di Zita Johann e David Manners, che addolciscono troppo il film.
Rivedendo oggi La Mummia, possiamo considerarlo un film che porta sullo schermo un prototipo di cattivo che, più che negli horror, ritroviamo nei film dei supereroi e di avventura: egoista e spietato, ma anche altruista e buono solo verso la persona a cui tiene, disposto a fare di tutto per riavere quell’amore.
Inoltre, della sceneggiatura è molto apprezzabile la figura femminile di Helen che qui non è una semplice vittima, anzi diviene l’eroina basandosi solo sulle sue forze (in questo caso quelle divine di Iside emanate da lei). E, cosa ancora più particolare per l’epoca, è sicuramente interessante che gli uomini che cercano di salvarla in realtà non hanno alcun impatto sulla caduta culminante di Imhotep, risultando praticamente impotenti.

Se vogliamo, la vittoria dell’inglese-egiziana Helen potrebbe simboleggiare una sorta di punto di incontro tra Occidente e Oriente, una risoluzione che prevede un trionfo della spiritualità non tradizionale a discapito di estremismi non previsti da schemi tradizionali. Un superamento della semplice visione colonialista, ma sicuramente impostato su bias culturali dell’occidente.
Per concludere e spostando l’attenzione sulla produzione della pellicola, diverse fonti riportano che La Mummia sia uno dei tanti esempi di quella Hollywood menefreghista e schiavista che solo ultimamente si sta regolamentando: tra Karloff che sviene per il suo trucco (che rimane comunque un capolavoro del truccatore Jack Pierce) e prova dolore nel toglierlo, i dispetti e le minacce sessiste del regista all’attrice Zita Johann fino a farla sentire male, le scene tagliate, le giornate lunghe di lavoro e la poca sicurezza sul set, la produzione risulta essere tra i pionieri di un modus operandi pericoloso nel creare i film.
L’impatto di tale produzione è talmente forte che ispira Karloff a diventare un membro fondatore della Screen Actor’s Guild, dove gli attori possono fare pressioni per una migliore retribuzione e condizioni di lavoro meno disumane, associazione protagonista di nuovo nel 2023.
[…] genere horror e si distingue per la sua atmosfera gotica e l’interpretazione magistrale di Boris Karloff nel ruolo di […]