Il ricorrente successo del personaggio del vampiro nella storia del cinema, di cui la saga di Twilight costituisce l’ennesima conferma, è legato alla natura “perturbante” insita nel linguaggio cinematografico. Il vampiro è la figura che meglio di ogni altra realizza in carne e ossa la capacità del cinema di materializzare l’unheimlich, inteso come tutto ciò che “doveva restare nascosto e invece viene portato alla luce” (secondo la definizione di Schelling), e lo fa fungendo da “figura narrativa” di uno dei poli occulti che regolano la dinamica sessuale uomo-donna (un tema, questo, che da sempre ha fatto la fortuna del cinema popolare nelle differenti forme dei generi “sentimentale” ed “erotico”).

Se è vero, come sosteneva Artaud, che “il il cinema è essenzialmente il tramite rivelatore di tutta una vita occulta con la quale ci mette direttamente in relazione”, allora non c’ dubbio che i film di vampiri sono quelli che meglio possono pervenire a portare alla luce il fondo occulto dell’esistente ( tanto che Nosferatuproprio un prototipo del genere, Vampyr di Dreyer, è tuttora considerato il più occulto di tutti i film del terrore). Al pari degli zombies e delle lamie, i vampiri sono versioni distorte di archetipi irremovibili, ma a differenza dei primi essi sono generati esclusivamente dalla repressione sessuale, della quale rappresentano il ritorno sotto la forma degli “orrendi camuffamenti” e delle “forme di vampirismo” di cui parlava Nietzsche a proposito della letteratura fantastica del romanticismo tedesco (dalla quale le storie di vampiri sono state partorite).

Nei film di vampiri il nesso fra sesso e crudeltà (che esemplifica quello tra Eros e Thanatos) si è modificato nel corso dei decenni con l’introduzione del fattore seduzione, assente nel Nosferatu di Murnau e apparso soltanto a partire dal Dracula di Browning del 1931 (con un Bela Lugosi distinto, elegante e galante, assai diverso dal brutto e goffo Orlok impersonato da Max Schreck nel film precedente). Da allora i vampiri sono diventati tutti belli e seducenti, ma non per questo meno letali, impersonati da star dello schermo che vanno dal Christopher Lee di Dracula il vampiro della Hammer(1958) fino al Tom Cruise di Intervista con il vampiro di Jordan (1994) in base a una logica di progressiva umanizzazione per cui il vampiro non è più il “diverso” ma è l’”altro che è in noi”, è un “doppio” animato da pulsioni contrastanti e pertanto oggetto anche di pietà (lo straziante Klaus Kinsky in Nosferatu, principe della notte di Herzog).

L’odierno punto di arrivo di questa evoluzione “sentimentale” è costituito dalla saga di Twilight dove ( almeno nei primi due titoli e in attesa del terzo Eclipse) il perturbante si coniuga con il turbamento adolescenziale attraverso una serie di spostamenti affettivi che stemperano l’horror in una love story più onirica che shocker dove il sotteso erotismo si traveste da amore eterno. Twilight_Trailer_2Qui il personaggio del vampiro è affidato al bello e dannato Robert Pattison, un nuovo James Dean con gli occhi cerchiati di sangue, concupito dalla splendida Bella sullo sfondo di una natura edenica che la fotografia calda e sfumata rende assai protettiva, malgrado la presenza del cattivo di turno. Il risultato è una storia vampiresca vista al femminile ma non femminista ( come era invece Vampiri amanti di girato da Baker nel 1970, o, peggio, come era Space vampires firmato da Hooper nel 1985), una storia sognante e conciliante destinata al successo presso un pubblico di ragazzine ancora indecise tra il buon Romeo e il malvagio Freddy Krueger ( in tal senso la saga trasfusionale con Edward e Bella, tratta dai romanzi della scrittrice Stephanie Meyer, altro non è che la variante appena appena perturbata di un film come Baciami ancora di Muccino).