Gestire i rapporti interpersonali non è sempre cosa facile, ma se ci troviamo all’interno di dinamiche famigliari tutto diventa più complesso.
Orlando rappresenta proprio una storia di altalenante legame tra un nonno e sua nipote.

Presentato nella sezione fuori concorso del Torino Film Festival, Orlando è diretto da Daniele Vicari (Diaz, Sole cuore amore, L’orizzonte degli eventi) prodotto da Rosamont, Tarantula e Rai Cinema, previsto nelle sale dal 1 dicembre.

Orlando (Michele Placido) è un padre un po’ vecchio stampo che ha perso da anni i contatti col proprio figlio emigrato a Bruxelles. Inaspettatamente Orlando riceve la telefonata di suo figlio (Camille Pistone) gravemente malato e decide raggiungerlo, arrivando però troppo tardi per potergli parlare. Da questo suo viaggio in terra straniera, scopre di avere una nipote di dodici anni di nome Lysa (Angelica Kazankova), che non ha mai conosciuto sua madre e con cui cerca, a modo suo, di instaurare un rapporto nella speranza di convincerla a seguirlo in Italia.

Orlando tocca le delicate corde della solitudine e delle paure del cambiamento insite nei rapporti umani.
I protagonisti sono due personalità completamente opposte: Orlando è un contadino burbero che si ritrova immerso in una realtà troppo futuristica e globalizzata, mentre Lysa è una ragazzina che appartiene ad un mondo estremamente moderno e cosmopolita.
Il rapporto tra nonno e nipote segue un percorso di alti e bassi in cui si percepisce l’enorme forza dell’uomo nell’assecondare il desiderio di sua nipote di restare nella sua città.

Orlando si poggia su una narrazione quasi favolistica per via della semplicità con cui vengono raccontati i protagonisti e il loro background parentale.
Le interpretazioni appaiono realistiche e ben calibrate, come quella di Placido che con una spontanea naturalezza riesce a vestire i panni di un contadino d’altri tempi, dedito alla fatica e alla sua sigaretta tra le dita.

Il film di Vicari tocca anche la tematica dell’immigrazione, ma attraverso una visione differente, ovvero attraverso gli occhi di uomo che sente stretta una modernità con cui non ha quasi nulla in comune.

Poeticamente realistico, toccante e a tratti schietto, Orlando è uno di quei film che non ha bisogno di rappresentare un mondo perfetto, ma gli basta la semplicità di unire la tristezza di un dramma famigliare ad un piccolo ma efficace finale.