Alla 17ª edizione della Festa del Cinema di Roma è stata presentata un’opera che indaga uno dei più grandi artisti della storia, genio e sregolatezza, attraverso una chiave di lettura inedita. Al suo quattordicesimo film da regista, infatti, Michele Placido ne L’ombra di Caravaggio riprende un’idea risalente al 1968, anno in cui frequentava l’Accademia d’arte drammatica a Roma. Il film esplora l’intricata e avventurosa esistenza di Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, attraverso gli occhi di una figura immaginaria denominata “l’Ombra”, ovvero un investigatore privato che spia il pittore per conto di Paolo V, con il compito di verificarne l’ortodossia.
Nel cast ampiamente internazionale ritroviamo nomi del calibro di Louis Garrel, Isabella Huppert e Riccardo Scamarcio, qui proprio nei panni del Merisi.

l'ombra di Caravaggio recensione

Italia, 1600. Michelangelo Merisi è un artista geniale, ribelle, slegato dalle regole dettate dal Concilio di Trento che tracciava le coordinate esatte nella rappresentazione dell’arte sacra. Dopo aver appreso che Caravaggio usava prostitute, ladri e vagabondi nei suoi dipinti come modelli per rappresentare santi e martiri, Papa Paolo V decide di commissionare a un agente segreto del Vaticano (Louis Garrel) un’indagine, al termine della quale decidere se concedere o meno la grazia che il pittore chiedeva dopo la sentenza di condanna a morte per aver commesso omicidio.

Ecco che l’Ombra, questo è il nome dell’investigatore, avvia le sue attività d’inchiesta e spionaggio per indagare sul pittore che – con la sua vita e con la sua arte – affascina, sconvolge, sovverte.
Un’Ombra che avrà nelle sue mani potere assoluto, di vita o di morte, sul destino del genio.

È interessante notare come, ne L’ombra di Caravaggio, il Merisi vive la sua frenetica realtà alla pari di una popstar moderna, tra polemiche e rocambolesche disavventure. Così come oggi, con ogni probabilità, vivrebbe a Londra o a New York, Caravaggio all’epoca scelse Roma perché centro del mondo, allora universo costellato di preti, prostitute, cardinali e criminali. In questo senso, Scamarcio vive la sua interpretazione con un’energia travolgente, dando vita a quello che ad oggi potrebbe essere il Caravaggio cinematografico più affascinante mai inscenato.

Si ricostruisce un passato sporco, pericoloso, romantico, con una cura nel dettaglio che risalta una credibilità armonica e per nulla fittizia. In grande stile, Louis Garrel si cala in una prova attoriale di grande spessore, che lo vede recitare in un italiano disinvolto e risoluto.

In un mondo che si sta sempre più allontanando dai biopic patinati e luccicanti, orientato invece verso narrazioni più crude e reali (come nel caso del recente Blonde di Andrew Dominik), L’ombra di Caravaggio fotografa uno spaccato di vita di uno dei più grandi artisti nella storia, e lo fa senza sconti. L’uomo, ancor prima del genio, viene ritratto in tutte le sue debolezze, i suoi contrasti, ma senza mancare di esaltarne la salda coerenza che l’ha contraddistinto per l’intera vita, portandolo ad affrontare tutte le accuse mossegli contro. È stato un paladino della verità, “la sua verità”, proprio come sosteneva Caravaggio stesso, dedito a dipingere un mondo dove gli eroi non erano santi o angeli, ma gente di strada che moriva e risorgeva ogni giorno.