Dopo il premiatissimo La isla mínima (2014) e L’Uomo dai Mille Volti (2016), Alberto Rodríguez ritorna alla regia con Prigione 77 per raccontare un capitolo della storia di Spagna, nello specifico la cosiddetta “transizione democratica” in cui il Paese abbandò il regime franchista per passare ad uno Stato democratico e costituzionale.

Scritto dallo stesso regista insieme a Rafael Cobos, Prigione 77 è prodotto da ’Atípica Film e Movistar Plus+ ed è al cinema dall’8 giugno.

Tutto inizia con l’arresto del giovane Manuel (Miguel Herrán che avevamo conosciuto come uno dei protagonisti dell’amata serie La Casa Di Carta), un contabile aziendale rimasto coinvolto in un furto di circa 1200 euro. Manuel è condannato a vent’anni di carcere nella Prigione Modello (La Model) di Barcellona.

All’interno della struttura, Manuel inizia fin da subito ad opporsi alle condizioni in cui è costretto a scontare la propria pena, tanto da unirsi nella creazione del COPEL (Comitato Coordinatore dei Prigionieri in Lotta). Diverrà leader e insieme al suo compagno di cella Pino (Javier Gutiérrez) cercherà di lottare per l’amnistia e per garantire delle leggi penitenziarie ben lontane dalla “visione franchista”.
Il film si ispira a dei fatti realmente accaduti in Spagna tra la fine del 1976 e il 1978.

Prigione 77 rispetta l’idea di una narrazione essenziale all’interno della quale non c’è spazio per artifici di alcun genere. Il regista tende a raccontare la vicenda attraverso un genuino realismo che si inasprisce nei momenti di lotta e amareggiata violenza.

La musica rappresenta un’enfatizzazione di un contesto a dir poco agghiacciante in cui vige solo la legge del più forte e in cui il protagonista si lascia a poco a poco consumere da una scoraggiante speranza.

Un inizio interessante e un finale che strizza l’occhio a Il Buco (1960) di Jacques Becker e al celebre film di Don Siegel Fuga da Alcatraz (1979): in particolare il secondo si identifica dal rapporto che il protagonista crea con gli altri detenuti e la sua conseguente arrendevole scelta di fuggire.

Prigione 77 rallenta velatamente nel mezzo la sua narrazione concentrandosi sulle dianmiche interne di lotta e aggregazione per combattere il sistema carcerario.
Alberto Rodríguez rimane fedele al genere prison movie soffermandosi sulla metamorfosi del suo protagonista, che è destinato a diventare una persona diversa, cambiato da un sistema che allora non puniva solo i veri colpevoli, ma si scagliava contro contestatori politici, omosessuali e immigrati.

Prigione 77 vuole essere una quanto più fedele narrazione di un periodo buio della società spagnola e nonostante il suo ritmo sia a volte statico, riesce a raggiungere il dinamismo di un thriller “drammaticamente storico”.

Mettendo in rilievo la tematica della violenza e scegliendo un protagonista che mantiene un alto livello interpretativo, il regista pone l’accento sulla difficoltà che un giovane uomo incontra nel cambiare un piccolo pezzo di società.