In anteprima la recensione di Takara – La notte che ho nuotato (2017), il film di Damien Manivel e Kohei Igarashi presentato in concorso nella sezione “Orizzonti” alla 74esima Mostra del Cinema di Venezia e in uscita nelle sale italiane dal 23 maggio.
Aprire gli occhi sulla realtà non è sempre un esercizio che fa bene al cuore. A volte è meglio guardare il mondo là fuori con lo stupore dell’infanzia. Nelle gelide notti d’inverno fra le montagne innevate del Giappone, i sogni del piccolo Takara non hanno confini precisi, si confondono nel buio come candidi fiocchi di neve che volteggiano sulle note lievi della Primavera di Vivaldi. Svegliato dal rumore dell’auto del padre, che come ogni notte esce di casa per andare a lavorare al mercato del pesce locale, il bambino si intrattiene nella sua stanza disegnando creature marine mentre il resto della famiglia dorme. La mattina, ancora insonnolito e con lo zaino sulle spalle, dovrebbe avviarsi a scuola ma si allontanerà curiosamente dal percorso quotidiano per incamminarsi verso una nuova avventura. Un’occasione per esplorare la campagna imbiancata dell’Aomori, salire a bordo di un treno diretto in città, e forse consegnare quel disegno al papà che vede così poco.
Nato dalla collaborazione fra due giovani registi – il francese Damien Manivel e il giapponese Kohei Igarashi – dopo l’incontro al Festival di Locarno nel 2014 con i film A Young Poet e Hold Your Breath Like a Lover, Takara – La notte che ho nuotato è un incantevole haiku sul senso di meraviglia che ogni scoperta infantile reca con sé. Una favola di notevole sofisticazione stilistica che alla semplicità delle azioni del giovanissimo protagonista – lo vediamo mangiare un mandarino, imitare il verso di un cane, tirare palle di neve a uno specchio – associa un minimalismo espressivo assoluto, tornato alle origini del cinema grazie alla fissità delle inquadrature e alla completa assenza di dialoghi.
A soli sei anni, Takara Kogawa esordisce sul grande schermo con un’interpretazione di grande intensità, che richiama l’ingenuità malinconica e sognatrice di celebri volti del cinema muto quali Charlie Chaplin e Buster Keaton. Con il suo sguardo limpido, a misura di bambino, scopriamo a poco a poco strade ghiacciate e campagne immerse nel biancore così deserte da sembrare frutto di fantasticherie ad occhi aperti. Il senso dello spazio, il rumore dei passi sulla neve, l’atmosfera immobile di Aomori ci trascinano nell’immaginazione di un bambino che vagabonda alla ricerca di un contatto col padre.
Ma è proprio attraverso questa definizione essenziale del campo visivo e sonoro, con l’esclusione quasi totale di ogni interazione umana, che l’odissea di Takara acquista le dimensioni di un universo, quello delle sue emozioni. I suoi sono sentimenti puri e genuini: penetrano con la forza inaspettata della spontaneità, erompono da ogni angolo della natura incantata con la freschezza di chi vede il mondo per la prima volta.
Con questo gioiellino di rara poesia, la coppia Manivel/Igarashi si interroga sul mistero della realtà attraverso gli occhi dell’infanzia e invita gli adulti a conservare nello sguardo un po’ di quella curiosità. Perché il mondo in cui viviamo è un luogo magico, dove i confini del possibile non sono mai tracciati in modo irrevocabile; e perché dentro di noi c’è un mistero ancora più grande, che merita di essere ascoltato, se gli facciamo silenzio tutt’intorno.
Takara – La notte che ho nuotato: trailer
Takara – La notte che ho nuotato: scheda film
Regia: Kohei Igarashi
Damien Manivel
Interpreti: Takara Kogawa
Keiki Kogawa
Takashi Kogawa
Chisato Kogawa
Distribuzione: TYCOON DISTRIBUTION
Durata del film: 79 min
Uscita italiana: 23 maggio 2019