Come ben sappiamo, anche il cinema italiano delle origini si è rivelato piuttosto coraggioso e lungimirante nel tentare nuovi percorsi e nuovi modi di intendere e “manipolare” la settima arte stessa. Se, infatti, già nel 1914 veniva realizzato da Giovanni Pastrone il colossal epico Cabiria (in risposta al colossal statunitense Nascita di una nazione di D. W. Griffith), ecco che appena un anno più tardi la fantasia di registi e produttori era pronta a esplorare nuovi mondi, contestualizzando il tutto nell’attuale periodo storico che vedeva l’Italia schierata in prima linea al fronte. Particolarmente degni di nota, a tal proposito, sono i film Il Sogno del Bimbo d’Italia (Riccardo Cassano, 1915) e La Guerra ed il Sogno di Momi (Segundo de Chomón, 1917).
Cos’avranno mai di speciale queste due pellicole? Semplice: per la prima volta in Italia si tentava, in queste speciali occasioni, la strada del fantasy attraverso l’animazione in stop motion. L’immaginario dei bambini vedeva il suo massimo compimento sul grande schermo, dunque, in due brevi film al servizio della causa bellica.
In Il Sogno del Bimbo d’Italia, per esempio, ritroviamo il piccolo Eraldo Giunchi (il primo grande attore bambino italiano) che, nel ruolo di Cinessino, riprende il suo personaggio del film Il Sogno patriottico di Cinessino (Gennaro Righelli, 1915), in una storia molto simile a quella del film di Righelli, ma che, proprio per determinate innovazioni tecniche, è divenuta di diritto uno dei capisaldi del cinema muto italiano. Cinessino, dunque, vive insieme ai genitori e tutto sembra andare per il meglio. Un giorno, però, suo padre deve partire per il fronte. “I soldati italiani dicono un allegro arrivederci e non un addio”, secondo una delle prime didascalie del film. Mentre sua madre, dunque, si dispera per la lontananza del marito, il bimbo è allegro, convinto che suo papà si farà onore al fronte e tornerà a casa il prima possibile. E così, dopo aver giocato con i suoi soldatini, si addormenta placidamente. Ed è qui che avviene la “magia”. Durante la notte i soldatini prendono vita e li vediamo scontrarsi in una movimentata battaglia.
Come ben possiamo immaginare, ciò rappresenta qualcosa di unico per l’epoca, in modo particolare per quanto riguarda il cinema italiano. E sebbene le animazioni in stop motion stesse siano piuttosto elementari e decisamente rudimentali, gli spettatori all’epoca ne rimasero estasiati.
Tale tecnica sarebbe stata ulteriormente “perfezionata” appena due anni dopo, ossia in piena guerra, quando il regista spagnolo Segundo de Chomón realizzò un altro film dagli intenti interventisti che, a suo modo, è passato alla storia: La Guerra ed il Sogno di Momi. La storia qui messa in scena, dunque, è, di fatto, molto simile a quella di Il Sogno del Bimbo d’Italia: una famiglia aspetta impaziente notizie dal fronte. Quando il padre scrive loro rassicurandoli che sta bene, assistiamo a una delle di lui imprese, quando egli salvò la vita a un bambino e a sua madre nel momento in cui la loro casa era stata data alle fiamme.
Diviso in due parti ben distinte, La Guerra ed il Sogno di Momi presenta nella seconda parte il consueto sogno del bambino, il quale, dopo aver giocato a lungo con i suoi due pupazzi – Trick e Track – sogna i due schierati in una cruenta guerra. E così, dunque, notiamo immediatamente come le animazioni in stop motion siano più curate e sofisticate e addirittura la scena della guerra presenti diverse inquadrature e location. Ormai, l’animazione aveva preso ufficialmente piede anche in Italia. Il Sogno del Bimbo d’Italia e La Guerra ed il Sogno di Momi sono due pellicole a dir poco emblematiche per importanza storica e per innovazioni tecniche. Tutte le numerose possibilità della settima arte stavano finalmente per essere esplorate.