Comandante, diretto da Edoardo De Angelis è il film d’apertura dell’Ottantesima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Ancora una volta, dopo i successi di Indivisibili e Il vizio della speranza, il regista napoletano propone una storia con importanti implicazioni umane e sociali che rimanda inevitabilmente (purtroppo con fare a dir poco ruffiano) all’attualità del conflitto russo-ucraino (se a qualcuno il parallelo poteva non venire in mente, a scanso di equivoci, il film inizia con la citazione di un marinaio russo salvato da una nave ucraina).

Ottobre del 1940, seconda guerra mondiale. Salvatore Todaro è il comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina. L’equipaggio ha una missione di “search and destroy” nell’Atlantico e deve attraversare lo stretto di Gibilterra controllato dagli inglesi.
Nel buio della notte si profila all’orizzonte la sagoma di una nave-cargo, il Kabalo, battente bandiera belga. Scoppia una breve, ma violenta battaglia nella quale i marinai italiani riescono ad affondare il mercantile a colpi di cannone. Todaro, a questo punto, prende una decisione destinata a fare la storia: salvare, nonostante l’ordine di non fare prigionieri, i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare.
Il Comandante Todaro (un Pierfrancesco Favino come sempre “sul pezzo”) tormentato da una lesione alla colonna vertebrale, è un uomo che vive anche un enorme conflitto interiore che lo vuole oscillare tra il dovere di buon soldato e quello di uomo di mare.
Il racconto di Comandante non vuole essere la parabola di un pacifista-guerriero, ma quella di un essere umano che mette al primo posto la vita e non il dovere delle armi. Purtroppo però, a causa di una sceneggiatura schematica con dialoghi fin troppo semplici, queste tematiche e i conflitti di Todaro cadono tutti soltanto sulle forti spalle di Favino.

Il vincitore della coppa volpi nel 2020 con Padrenostro è l’unica nota positiva di Comandante perchè la regia di De Angelis non si avvicina ai suoi personaggi, ne resta distante e purtroppo nelle scene di combattimento appare sciatta e improvvisata.
Guardando Comandante, non si ha mai il senso di claustrofobia che altre pellicole ambientate nei sommergibili (U-Boat del 1981 di Wolfgang Pedersen o il leggendario Caccia a Ottobre Rosso del 1990 su tutti) restituivano puntali portando l’angoscia nell’animo dello spetttatore, immerso anche lui nelle profondità marine.
Comandante è un film che rimane a pelo dell’acqua, proprio come il Cappellini, non scende giù a scandagliare i sentimenti dei personaggi e nemmeno si lancia libero in mare aperto per portare un messaggio di uguaglianza.
Proprio questo, considerando i venti politici che tirano in Italia, potrebbe essere travisato e visto come una giustificazione al fascismo che poteva vantare tra le sue fila uomini di grande spessore umano proprio come Salvatore Todaro.
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