In genere i film dove le parole prevalgono sulle immagini risultano statici e noiosi in quanto anticinematografici a causa di una forma che li rende servili alla letteratura o al teatro.
Una felice eccezione a questa verità, tante volte confermata anche da opere famose, è rappresentata dall’ultimo film del regista giapponese Ryusuke Hamaguchi Drive My Car premiato a Cannes 2021 per la migliore sceneggiatura.
Nel film le parole e le immagini danzano tra loro in un flusso audiovisivo dove si incrociano il passato e il presente del protagonista durante un road movie che si svolge nello spazio (il percorso fatto dal regista teatrale Kafuku da Tokio a Hiroshima dove dovrà mettere in scena Zio Vanja di Cechov) e anche nel tempo (il ricordo della moglie morta che provoca all’uomo grande sofferenza) in un doppio movimento che si unifica all’interno dell’auto rossa con cui si sposta l’uomo e alla cui guida c’è una giovane autista di nome Misaki a lui assegnata perché afflitto da glaucoma a un occhio.
Durante il viaggio l’uno tra reticenze e momenti di sincerità rivela la sua pena, l’altra taciturna ascolta con discrezione ma di fatto stabilisce una profonda empatia con il passeggero.

Quello che non dicono le parole lo dicono le pause, i gesti e la mimica di entrambi i personaggi in un gioco di antinomie che trovano la loro composizione in un finale aperto alla speranza.
Il racconto procede arioso e leggero connotato sul piano visivo da un iperrealismo fantastico con momenti di improvvisazione che ricordano il cinema della nouvelle vague francese e in particolare quello di Rohmer aderente al cinema-verità.
Nel film di Hamaguchi la storia viene raddoppiata con il ricordo delle immagini e delle parole della moglie morta del protagonista che viene a configurarsi come un film nel film.Questa dinamica tra conscio e inconscio personale ( il lutto dell’uomo) e collettivo ( il ricordo di ciò che accadde ad Hiroshima) conferisce a Drive My Car una dimensione spettrale che è quella che Derrida riconosce essere esclusiva della visione del cinema:”Essa permette di veder apparire nuovi spettri conservando nella memoria( e quindi permettendo di proiettarli a loro volta sullo schermo) i fantasmi che ossessionano i film già visti”. E i corpi innestati di questi fantasmi privati e pubblici sono la sostanza stessa del film di Hamaguchi che tutti noi non possiamo non condividere in virtù del tocco poetico del regista giapponese..