Se il cinema deve essere azione, allora che azione sia. Il successo mondiale della serie Fast and Furious giunta adesso all’ottava puntata conferma una verità vecchia quanto il cinema stesso e cioè che il cinema è l’arte del movimento. Questo movimento può essere quello interno al racconto generato dal montaggio veloce delle inquadrature oppure può essere quello rappresentato da corse di treni, auto e moto che percorrono l’intero film. Se il primo caso è stato tipico deIle opere dell’avanguardia sovietica anni Venti di un Ejzenstejn e di un Vertov ed è stato poi seguito dal cinema underground Usa degli anni Sessanta e dai suoi successivi epigoni, il secondo caso è tipico di quei film spettacolari dall’alta componente adrenalinica che lasciano senza fiato lo spettatore fino al termine della corsa in questione con effetto catartico per lo spettatore. Fast Film

Questi ultimi film funzionano bene quando raggiungono un felice equilibrio tra la motion e l’emotion senza scadere nell’esagitazione fine a se stessa da baracconata fracassona ma vuota di significato. Esempi di film veloci ma non banali si hanno già nell’epoca del muto con le comiche di un Buster Keaton che correva sempre a piedi o in auto o in treno per scampare ai mille pericoli quotidiani e in epoca recente li possiamo trovare in grandi produzioni di genere dal forte impatto percettivo.

Si pensi film come A 30 secondi dalla fine di Andrej Koncalovskj (1985) o Unstoppable-Fuori controllo di Tony Scott (2010) o infine a Mad Max-Fury Road di George Miller (2015) dove le inarrestabili corse di treni impazziti o di autocisterne in fuga lungo steppe innevate o i deserti bruciati dal sole producono alti picchi di suspence sullo sfondo di scenari naturali che risultano peraltro realistici a dispetto del versante avventuroso o fantastico delle opere. Per non parlare di un thriller come Speed di Jan De Bont (1994) con il suo autobus che se rallenta la velocità salta in aria e alla cui guida subentra una intrepida Sandra Bullock che evita il disastro annunciato.

Fast FilmPoiché il peccato mortale del cinema è la noia,si capisce il motivo per cui ogni regista inserisce almeno una sequenza di azione veloce nel suo film, una sequenza come quelle degli inseguimenti al cardiopalma che non mancano mai nella serie di James Bond dove spesso hanno dello straordinario in termini di coreografie quasi astratte nello spazio.Ma non va dimenticato che anche registi non commerciali hanno ceduto in passato a questo richiamo,come dimostrano il caso dell’alternativo alfiere della Nuova Hollywood anni Settanta Richard Sarafian con il suo Punto zero (1971) dove un uomo scommette di percorrere il tragitto da Denver a San Francisco a tempo di record a bordo della sua Dodge Challenger e quello del trasgressivo film-maker del cinema erotico Russ Meyer con il suo film del 1965 dal titolo programmatico Faster, Pussycat. Kill! Kill! a base di belle donne poco vestite,corse in auto e omicidi a catena.

Diceva Truffaut che i film sono come treni che corrono nella notte. In effetti tutti i film sono sempre a modo loro fast anche se non sono necessariamente furiosi come l’ultimo titolo uscito della popolare omonima serie. Al cinema,al di là della resa artistica, è sempre meglio una visione capace di eccitare vista e udito piuttosto che la calma piatta di film fintamente e inutilmente profondi il cui unico effetto è quello di conciliare il sonno.