I successi raccolti da Sean Penn come interprete sono tantissimi, basti pensare a film come a Mystic River di Clint Eastwood o a This must be the place di Paolo Sorrentino, l’attore si è cimentato con discreto successo anche alla regia e, forte del riscontro popolare avuto con Into the wild e The last face, dirige Flag Day, sua ultima fatica incentrata su un sofferto rapporto padre-figlia che sfocia nel melodramma.
Flag Day (Una Vita in Fuga il titolo italiano) attinge direttamente dal libro Flim-Flam Man: The True Soty of My Father’s Countrefeit Life scritto da Jennifer Vogel, presentato alla 74esima edizione del Festival di Cannes e distribuito in Italia da Lucky Red dal prossimo 31 marzo.

Un rapporto famigliare spezzato e un altalenante legame genitoriale scandito dalle note del Notturno di Chopin, dal country-folk americano e dalla musica di Eddie Vedder (come era stato per Into the Wild), sono la cornice della storia del rapinatore e falsario John Vogel (Sean Penn).
Un salto indietro all’estate del 1975 trasmette allo spettatore l’apparente tranquillità della famiglia Vogel, ma questo idillio lascia presto il posto alla separazione di John dalla moglie Patty (Katheryn Winnick) e dai figli Jennifer (Dylan Penn) e Nick (Hopper Jack Penn). John e Jennifer negli anni provano a riavvicinarsi, ma ormai il legame, dopo essersi più volte ricomposto, è talmente logoro e senza speranza da svanire completamente e portare la storia alla tragica conclusione.
Flag Day – Una vita in fuga si muove sulla linea temporale del passato in una serie di lunghi flashback che si avvalgono della voce-off di Jennifer per enfatizzare e raccontare i tratti più interiori, ma poco approfonditi, di una disillusa protagonista. Il disincanto di Jennifer si percepisce fin dalla sua infanzia e diventa più greve man mano che prende coscienza di sé e capisce chi è veramente il padre. L’adolescenza e l’età adulta sono i momenti in cui Jennifer con amarezza comprende che il padre non sarà mai il genitore amorevole che desidera e che non potrà contare su di lui che in fondo ha di speciale solo l’essere nato nel falg day.

In Flag Day – Una vita in fuga le interpretazioni sono abbastanza autentiche e le interazioni tra i protagonisti sono disinvolte, nonostante una sceneggiatura che non indaga a fondo le psicologie e i tratti caratteriali dei protagonisti.
Se è vero che – durante il film – si intuisce l’attitudine di John a meritare un successo mal cercato, è vero anche che le sfaccettature di John sono poche e non c’è spazio per comprendere appieno le ragioni dei suoi gesti e quindi per lo spettatore è davvero difficile immedesimarsi.
Malgrado le performance attoriali siano valide, Flag Day – Una vita in fuga si appoggia molto, forse troppo, sulla colonna sonora, tanto da porre in secondo piano un approfondimento più intimamente psicologico. Nel complesso il film si lascia guardare e fornisce allo spettatore lo spunto di riflessione sulla conseguenza della disfatta del sogno americano, per molti diventato un brusco risveglio e per John un falso mito.
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