È lui il ronin, il guerriero senza mentore che lotta e diventa un samurai così come nel suo amato Lone Wolf and Cub, Frank Miller è indiscutibilmente uno dei più grandi fumettisti viventi e il documentario a lui dedicato ne è la prova!
Scritto e diretto da Silenn Thomas e presentato nella selezione ufficiale della 16ma edizione della Festa del Cinema di Roma, Frank Miller: American Genius è il grande racconto di una mente brillante.

Un documentario che ha richiesto quattro anni di lavoro – come ha affermato la stessa Thomas – in cui vengono raccontati gli esordi, le tappe importanti, il rapporto “amore-odio” col cinema e l’affetto da parte di fan e colleghi. Frank Miller: American Genius è un documentario profondamente saturo di informazioni che vengono distribuite in modo costante per tutta la sua durata.

Un costante desiderio di raccontare fin dagli inizi, fin dal momento in cui il giovane Miller si presentò dal fumettista Neil Adams chiedendogli cosa potesse fare per migliorare i suoi disegni perché non avrebbe mai e poi mai lasciato perdere.
Dal Vermont a New York Frank Miller incarna – come dice lui stesso – in pieno la realizzazione del sogno americano: da ragazzino che si traveste da Superman a fumettista di fama mondiale il passo non è stato breve, anzi è durato circa mezzo secolo. Un tempo questo che il documentario rievoca in modo serrato interpellando altri grandi nomi del settore come Neal Adams, Bill Sienkiewicz, Dave Gibbons, John Romita jr., Stan Lee, Tonino Liberatore, Milo Manara, Chris Claremont e Jim Lee.
Autori con cui ha instaurato amicizia e con cui ha lavorato.

La caratteristica che ha distinto Miller fin da subito è la sua forma di narrazione e di utilizzo delle tavole che si allaccia ad un universo più propriamente cinematografico. Con quest’ultimo il suo rapporto è stato abbastanza conflittuale, soprattutto intorno agli anni Novanta quando ha lavorato al secondo e terzo capitolo della famosa saga di Robocop e con The Spirit, a eccezione dei primi anni Duemila in cui è riuscito a riappacificarsi col cinema grazie a Sin City e 300.

In Frank Miller: American Genius c’è tanto posto per la carriera fumettistica e altrettanto per quella cinematografica. Si ripercorrono i successi di botteghino avuti con Sin City affiancando alla regia Robert Rodriguez e per 300 di Zac Snyder.
Il primo riporta sul grande schermo quelle stesse atmosfere dark e noir rappresentate nel fumetto; il mantenimento dell’essenzialità e il bianco e nero danno al film quella marcia in più e quel fascino che funziona e che ha fatto appassionare molti al suo lavoro.
Il secondo si riallaccia all’epica storicità e all’efferatezza delle battaglie tipiche dell’universo appartenente all’antica Grecia. Nel film vengono conservati quei caratteri quali l’imponente fisicità, le cruente lotte e la scelta di colori molto saturi che richiamano senza troppo difficoltà le pagine dei suoi albi.

Frank Miller: American Genius mostra come lo stesso protagonista abbia avuto grandi riconoscimenti e affetto da parte del pubblico, ma allo stesso tempo anche critiche riguardanti l’efferatezza di alcuni suoi lavori ritenuti controversi, per la presenza di violenza come caso della sua graphic novel Holy Terror.
Come Leonida e i 300 spartani contro in grande impero di Serse allo stesso modo Frank Miller che si è sempre posizionato dalla parte dei fumettisti e che si schiera – anche – a favore di una totale libertà espressiva.

Dietro ogni finestra c’è una storia

dice Miller, lui che a alle finestre si è affacciato e ha fatto rinascere supereroi dalla complicata esistenza, facendogli riprendere vita e portandoli al massimo splendore: Daredevil il vendicatore cieco di Hell’s Kitchen e Batman il cavaliere oscuro di Gotham City.