La 74esima edizione del Festival del cinema di Venezia è in pieno fermento e tra anteprime, star che “splendono” sul red carpet, leggende del cinema mondiale c’è anche posto per guardare al passato, un passato tutto italiano. Quattro, infatti, sono i film nazionali restaurati che saranno presentati in questi giorni in anteprima mondiale alla mostra di Venezia nella sezione Venezia Classici.
Scopriamo quali:
Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni (1964)
Il restauro è a cura della Cineteca Nazionale in collaborazione con RTI-Mediaset. Il primo film a colori del regista che trionfò al Festival di Venezia del 1964 vincendo il Leone d’oro come miglior film. Interpretato da una straordinaria Monica Vitti, a lungo musa e compagna di Antonioni, la pellicola narra il dramma di Giuliana, moglie di un industriale, depressa e sull’orlo del suicidio. Celebre la battuta pronunciata dalla donna: Mi fanno male i capelli! ripresa ultimamente da Paolo Sorrentino in una puntata della sua prima serie tv The young Pope, come omaggio al grande regista. La correzione del colore è stata supervisionata dal direttore della fotografia Luciano Tovoli. Restauro del suono a cura di Federico Savina.
La donna scimmia di Marco Ferreri (1964)
Restauro a cura della Cineteca di Bologna e TF1 Studio in collaborazione con Surf Film. Uno dei film più cinici e disturbanti di Marco Ferreri, regista spesso contestato proprio a causa della sua “scorrettezza” e della “mostruosità” dei suoi personaggi , la cui genialità, come spesso accade, ha tardato a essere riconosciuta. Proprio in questi giorni Venezia lo omaggia con un documentario dal titolo: La lucida follia di Marco Ferreri, diretto Anselma Dell’Olio, in concorso nella sezione Venezia classici- Documentari.
Il film del 1964 (in concorso alla 17esima edizione del Festival di Cannes) è interpretato da Ugo Tognazzi e Annie Girardot e narra le vicende dello squattrinato e imbroglione Antonio Focaccia che scopre in un convento di suore una giovane donna completamente ricoperta di peli. Decide così di portala via con sè e di farne un vero e proprio fenomeno da baraccone, facendola passare come un essere metà donna e metà scimmia scoperto da esploratori nelle foreste africane.
Non c’è pace tra gli ulivi di Giuseppe De Santis (1950)
Restaurato dalla Cineteca Nazionale in collaborazione con CristaldiFilm di Zeudi Araya e Massimo Cristaldi.
Siamo in pieno neorealismo, terzo film di De Santis, interpretato da Raf Vallone e Lucia Bosè. Francesco Dominici, tornato dalla guerra, cerca invano lavoro. Una notte aiutato dalla sua fidanzata Lucia ruba delle pecore ad Agostino Bonfiglio, un pastore arricchitosi in malo modo durante la guerra. Francesco viene denunciato ed arrestato. I testimoni, chiamati in causa, vengono comprati da Agostino e Francesco viene condannato a quattro anni. Scrisse lo storico di cinema Gianni Rondolino: Il terzo film di De Santis è ancora una storia sociale in cui la lotta del singolo contro una collettività conformista e pavida, asociale e individualista, prospetta l’unica soluzione possibile contro l’ingiustizia e l’odio, il sopruso e l’egoismo: la solidarietà di classe.
Novecento di Bernardo Bertolucci (1976)
Restauro curato da 20th Century Fox, Paramount Pictures, Istituto Luce – Cinecittà e Cineteca di Bologna, con la collaborazione di Alberto Grimaldi e il sostegno di Massimo Sordella.
Presentato fuori concorso al 29º Festival di Cannes, il film è diviso in due atti e racconta la storia di tre generazioni impegnate nella lotta di classe in Emilia. Interpretato da Robert De Niro, Gérard Depaurdieu, Burt Lancaster, Alida Valli, Stefania Sandrelli e Dominique Sanda. Un anno fa, durante un’intervista a La Repubblica in occasione dei 40 anni della pellicola, Bernardo Bertolucci ha dichiarato: Pier Paolo Pasolini con i suoi saggi raccontava la trasformazione sociologica e culturale dell’Italia, da paese contadino a consumistico. Volevo mostrargli che quell’innocenza contadina che lui riteneva sparita c’era ancora. Che i contadini emiliani erano riusciti a preservare, grazie al socialismo, la loro identità culturale. E poi volevo raccontare la grande utopia, la rivoluzione contadina.