È il caso di parlare de La memoria del mondo, unico film italiano in gara nella sezione Nuovi Mondi alla 40ª edizione del Torino Film Festival. Diretto dal regista Mirko Locatelli e sceneggiato da Giuditta Tarantelli, è una produzione Strani Film, in collaborazione con Rai Cinema e FVG Film Commission.
Ambientata tra i canneti della laguna di Grado, in Friuli-Venezia-Giulia, è una storia che mette la natura al centro del suo focus, con relazioni profonde che s’instaurano tra protagonisti ed elementi naturalistici, quali alberi, cespugli, fango e paludi.

Facciamo la conoscenza di Adrien, esperto d’arte nonché biografo dell’artista visivo Ernst Bollinger. Immerso in un’atmosfera enigmatica e rarefatta di una laguna invernale, il protagonista finisce immobilizzato nella storia di cui è autore, quasi fosse il coprotagonista del capitolo finale della vita del Maestro.
In questo viaggio i due uomini, accompagnati da un barcaiolo, saranno parte di un’esperienza profonda alla ricerca di una donna scomparsa di nome Helena. Finiranno per esplorare terre inospitali, affascinanti, giungendo in ultimo stadio ad un’analisi minuziosa di loro stessi.

Il regista Mirko Locatelli ha deciso di sfruttare unicamente i paesaggi mozzafiato del Friuli come ambientazione della sua pellicola, operando per ben sei settimane sul territorio regionale.
Lo scouting delle location è stato fatto con molta cura, partendo da luoghi come le grotte di Pradis o il borgo di Movada a Tramonti di Sotto, ma è la laguna di Grado a fare da padrona la scena. Lo stesso regista ha tenuto a sottolineare l’importanza del territorio, contando la relazione unica che si crea con i suoi abitanti: il film nasce, si sviluppa e si concretizza proprio partendo da un luogo specifico, il quale ricopre un ruolo chiave. In particolare, Mirko Locatelli racconta:
Nel film tutto è in equilibrio, gli ambienti sono evocativi di un tempo perduto, luoghi dimenticati dall’uomo come simboli di un’antica civiltà, appannati, scoloriti: ogni luogo è un’idea di luogo, ogni stanza un’idea di stanza, scarnificati dal superfluo perché i personaggi possano manifestarsi come idoli. Corpi, barche, case, isole sospese sull’acqua e avvolte nella nebbia; oggetti, persone e animali sono concepiti come visioni fantastiche che emergono dalle brume come ricordi lontani. Giulio, Adrien e Ernst sono corpo, parola e simbolo, una trinità pagana votata alla trasfigurazione, alla metamorfosi, tutti padri di un unico mondo e figli di un antenato comune.

In un quadro di sperimentazione e innovazione, La memoria del mondo di Mirko Locatelli si propone come un prodotto sicuramente di nicchia.
La narrativa lenta ed intricata, accompagnata da una trama non del tutto lineare, lo rendono una visione impegnativa, ma che ripaga l’attenzione di chi l’osserva con il giusto occhio. Il sentiero tracciato dagli eventi ci indica la strada da seguire, ma i misteri che si susseguono sembrano offuscare l’orizzonte, facendoci dubitare anche di noi stessi.