Abbiamo avuto il piacere di fare una breve chiaccherata con Valentina Bertani e con Benjamin e Joshua Israel, regista e protagonisti del documentario La timidezza delle chiome.
Il documentario sarà presentato nella Sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori, nell’ambito della 79a Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
La timidezza delle chiome di Valentina Bertani: trama

Quando la scuola finisce e comincia l’età adulta, Benjamin e Joshua Israel, due gemelli omozigoti di origine ebraica, iniziano a sentirsi oppressi. Mentre i loro coetanei pianificano il futuro, loro non riescono a immaginarlo. Avere vent’anni e un naturale carisma unito a una buona dose di spavalderia non basta, se hai una disabilità intellettiva e il mondo in cui vivi non sembra essere fatto per accoglierti.
Sentendosi esclusi, Benji e Josh si confrontano con i limiti imposti dagli altri senza avere paura di sbatterci contro. Josh desidera fare sesso per la prima volta, mentre Benji insegue l’utopia di un amore.
L’intervista a Valentina Bertani e a Benjamin e Joshua

La timidezza delle chiome è il tuo secondo documentario, arrivi dal mondo dei videoclip e dei fashion film, come è stato dover modificare il linguaggio, passare da uno con molti effetti visivi e a volte senza storia ad uno naturalistico.
Valentina: In realtà credo che i linguaggi si assomiglino terribilmente. Quello che cambia è la narrazione, ma non ho rinunciato totalmente sul visual come per esempio nella scena del luna park o in quella della neve che è la mia preferita cui loro si rincorrono, corrono, cadono, si lanciano.
Ho comunque cercato di mantenere la mia cifra stilistica anche a livello di montaggio, con delle immagini mixate tra repertorio, cartoni animati etc . Quello che ho dovuto fare in questo passaggio è stata la parte in cui sono cresciuta di più professionalmente.
Togliere, lavorare per sottrazione e cercare di confessare a me stessa che a volte un visual o un crafting ben fatto come avviene nella moda o in pubblicità, non serve a supporto di una storia, non è necessario e non è fondamentale, anzi a volte togliere aggiunge a livello emotivo per il pubblico.
Abbiamo cercato di raccontare una storia vera, a livello visivo appagante però comunque in modo che non sembrasse forzata.
Come ti sei avvicinata alla storia di Benjamin e Joshua e voi come vi siete rapportati col cinema?
Joshua: La Vale si è avvicinata a noi mentre io e lui andavamo, lei ci ha chiamato però eravamo concentrati e quando siamo molto concentrati non ci fermiamo o perdiamo il filo.
Valentina: Io ho cercato di fermarli per strada e loro non mi hanno risposto han continuato a camminare li ho lasciati andare, salvo poi pensare di aver perso l’occasione di raccontare una storia. Occasione che ho poi cercato: ho chiesto a tutti se conoscessero questi due meravigliosi gemelli omozigoti che sembrano essere figli di film di Armony Korinne. Ho recuperato il numero di telefono dei genitori, loro vengono da una famiglia che ha a che fare col mondo della musica e avevo una via d’accesso. Ho chiamato dicendo alla madre divedere il mio documentario su Ligabue, ho aspettato la telefonata ed è arrivata e quindi mi sono messa nei guai.
Poi ho detto agli sceneggiatori di andare a conoscere i ragazzi. Inizialmente Benji e Joshua non avevano assolutamente voglia di collaborare, poi piano piano abbiamo instaurato in buon rapporto.

Come è stato stare sul set ed essere diretti da valentina
Benjamin: è stato difficile, è bello fare un film sulla propria vita, è bello pero la cosa che è stata difficile è stato fare il bagno nell’acqua ghiacciata, la ucciderei.
Ci sono stati problemi sul set?
Valentina: No, grossi problemi sul set non ci sono stati, però molto complicato girare la parte in Israele per le regole che ci sono all’interno dell’esercito. Lì è stato un lavoro duro riuscire a ottenere ciò che volevo, anche a livello di regia: nel senso che ho rischiato di cambiare al cifra stilistica, però ignorando le regole abbiamo continuato e fatto con questo film un ibrido tra documentario e finzione.
Il problema del set di Israele e che c’era la soldatessa che non voleva essere ripresa soprattutto con i ragazzi della unit 17 che sono ragazzi particolari.
La timidezza delle chiome è incentrato sul passaggio all’età adulta, di solito in italia la condizione della disabilità è trattata con i guanti bianchi e un certo rispetto che è quasi pietà. Ignorando queste convenzione hai descritto senza filtri la loro realtà. é stato difficile presentare un progetto del genere ai produttori? La questione della sessualità era in partenza o è arrivata “per caso”?
Valentina: è venuta spontaneamente perchè loro non si possono fermare, loro vogliono fare l’amore. Le loro personalità sono uscite fuori durante le riprese.
Noi abbiamo detto ai produttori che l’ approccio non sarebbe stato pietista è la storia dei due ragazzi è la storia della adolescenza che è una separazione e un cambio. è nato tutto spontaneamente e la sceneggiatura si è evoluta di conseguenza, cresciuta con loro e con quello che succedeva. Alcune scene sono totalmente documentariste altre sono rimesse in scena funzionali alla struttura narrativa
Cosa vi ha lasciato l’esperienza del cinema?
Benjamin: l’esperienza del cinema ci ha dato nuovi orizzonti nel senso di un cambiamento enorme perché dopo ho capito che la strada era giusta, solo dopo andando avanti in Israele ho capito che il militare non era la strada giusta. Forse continuo con il cinema e lo sport sto facendo tra calciatore e attore, non so ancora
Stai scrivendo un nuovo film con tua sorella, di cosa tratterà? Sarà un documentario?
Valentina: non è un documentario è un film di finzione che non voglio spoilerare ovviamente perché parla di un fatto successo durante la nostra infanzia. Speriamo di girarlo l’estate prossima.