Una Roma completamente a secco è il punto da cui parte Paolo Virzì per lanciare una riflessione sul presente e uno slancio positivo verso prossimo futuro con il suo ultimo film Siccità.
Presentato fuori concorso alla 79esima Mostra D’Arte Cinematografica di Venezia, il film sarà nei cinema dal prossimo 29 settembre, prodotto da Wildside e Vision Distribution in collaborazione con Sky e Prime Video.
Siccità mostra differenti parentesi di esistenza che sono, inevitabilmente e reciprocamente, collegate tra loro. Il cast corale riempie tutto il film delineando con completezza ogni personaggio e lasciando trasparire sia la loro mancanza che la loro presenza di colpe.
Il film segue la sua logica alternando le differenti storie, anche se è percepibile un maggiore approfondimento di alcuni personaggi rispetto ad altri.
Siccità adopera una visione tendenzialmente apocalittica per raccontare, non solo dinamiche interpersonali, ma situazioni figlie della contemporaneità. Alla luce di una Roma che “muore di sete e di sonno”, si sviluppano sprazzi di black humor e comportamenti in cui regna l’individualità.
Siccità tocca le corde di un sentimento catastrofico che riprende in pieno tematiche più che attuali. Nel contesto della crisi climatica che incombe, si delinea nel film quel -non troppo lontano – passato dei tempi del Covid in cui rientra la necessità di sperare.
Un po’ come affermato dallo stesso regista «questo film diventa una preghiera aspettando una consolazione».
La macchina da presa inquadra una Roma integralmente desertificata in cui lo scrosciare del Tevere è solo un ricordo, mentre dal letto del fiume riaffiora un reperto storico. È passato qualche anno dall’ultima pioggia e l’acqua è diventata un bene sempre più raro da conquistare.
Con questa premessa inizia la storia scritta dallo stesso Virzì insieme a Francesca Archibugi, Paolo Giordano e Francesco Piccolo. Un quadro catastrofico di una società moderna in cui disuguaglianza, paura e speranza si susseguono attraverso più parentesi narrative, generando una riflessione sul passato e sul presente.
È la Roma del presente quella che viene mostrata in Siccità, in cui ogni personaggio è costretto a stravolgere le proprie abitudini rapportandosi con più stati d’animo. L’insoddisfazione, la mania del consenso, la rabbia, il senso di colpa e la vanità sono racchiusi all’interno di un eterogeneo, quanto delicato, sistema sociale in cui si è sia innocenti che colpevoli.
C’è chi fa i conti con se stesso in preda alle allucinazioni dentro la propria auto come Loris (Valerio Mastandrea), chi si alimenta di consensi via social come Alfredo (Tommaso Ragno), chi cerca una possibilità di redenzione affettiva come Antonio (Silvio Orlando).
Ad aggravare la situazione, già precaria, si aggiunge una malattia, notata da Sara (Claudia Pandolfi) e legata ad una invasione di scarafaggi all’interno di alcune abitazioni. Mentre in TV si sprecano i pareri degli esperti di turno, gli abitanti della città sembrano incastrati in una situazione da cui sembra non esserci via d’uscita.