Aliens – Scontro finale compie 35 anni. A dispetto delle incredibili rivoluzioni nella settima arte, dello scorrere del tempo, dei mutamenti nei gusti del pubblico, questo film mantiene inalterata la sua iconicità ed importanza.
Il regista James Cameron, noto a tutti per capolavori come Avatar, Titanic e True Lies, era quasi sconosciuto nel 1986 quando ebbe l’opportunità di dirigere il sequel di Alien, che sette anni prima aveva lanciato Ridley Scott.

Aliens – Scontro finale, a dispetto delle iniziali perplessità mostrò le capacità e il talento di James Cameron capace di realizzare uno dei migliori sequel cinematografici che si ricordino.

L’Alien di Scott era sostanzialmente un horror, un survival-movie spaziale in cui dominava una nemesi aliena terrificante. L’orrore sepolto nell’inconscio umano, il tema della violenza sessuale e della mostruosità, vivevano nella creatura aliena feroce ed impietosa, che nell’aspetto condensava l’arte di Francis Bacon ed i fumetti anni ’50, i miti greci e l’antica cultura egizia.

Di fronte a tale, pesantissima eredità, Cameron fece l’unica cosa possibile: ampliò l’universo narrativo ed incrementò gli effetti speciali (premiati poi con l’Oscar) a servizio di una trama era più action, ma non per questo meno spaventosa o profonda nei significati.
Soprattutto, il regista ebbe il merito di far evolvere ulteriormente il Tenente Ellen Ripley (la protogonista insieme alla mostruosa creatura) che, grazie allo script concepito da Cameron assieme a Walter Hill, diventò l’eroina cinematografica per eccellenza, il nuovo punto di riferimento in tema di eroi.

Sigourney Weaver tornò a vestire i panni di un personaggio, con il quale aveva stravolto i ruoli di genere ed imposto una “rivoluzione” tematica dove le donne non erano più solamente vittime, fanciulle da salvare o oggetti del desiderio maschile.
Ripley, terzo ufficiale a bordo della Nave Nostromo, trattata dai colleghi con disprezzo e sufficienza dai in quanto donna riesce a sopravvivere grazie alla sua intelligenza e al suo coraggio. Cameron nel sequel del 1986 la fece svegliare dal suo sonno criogenico, 57 anni dopo gli eventi del primo film, impegnata in una spedizione militare verso l’asteroide dove per lei tutto era cominciato. Sull’asteroide colonia Ripley deve distruggere un mostruoso alveare alieno che minaccia la vita sull’asteroide e di tutto il genere umano.

Se nel primo, il tenente Ripley era stata una vittima delle circostanze, qui invece diventa leader, guerriera e salvatrice di un gruppo di soldati ben lontani dal modello Rambo che popolava l’epica cinematografica reaganiana.
Apparve ancora più chiaro in Aliens – Scontro Finale che il vero nemico non erano tanto gli alieni, ma soprattutto la stupidità e cupidigia umane, l’arrivismo yuppista dell’America di quegli anni.

Dopo Aliens – Scontro Finale, nulla è stato più come prima per i personaggi femminili sul grande schermo. Solo pochi anni dopo, sempre James Cameron avrebbe creato un’altra guerriera iconica: Sarah Connor, protagonista di Terminator 2 , un altro sequel fantascientifico diventato mito.
Al personaggio di Weaver/Ripley, capace di essere tenera ed ostile, sensibile e rude, hanno guardato per 35 anni scrittori, registi, creatori di universi videoludici e di comics, quale punto di partenza per una miriade di personaggi femminili.  

In quest’era di riscossa a tutti i livelli per il mondo femminile, il cinema si nutre di eroine a getto continuo, è tuttavia avvilente notare come il risultato finale, nonostante eroine come Ellen Ripley e Sarah Connor, sia stato quasi sempre mostrarle prigioniere di una irreale e robotica perfezione, ammantate di un’invincibilità scevra di ogni significato.  
Lei invece, soprattutto grazie a questo film angoscioso, avvincente, connesso come il primo al tema alla maternità nel suo significato più ancestrale e violento, proprio perché umanissima, imprevedibile e imperfetta, ha continuato per tutti questi anni ad essere un simbolo di emancipazione e libertà femminile senza pari.