I primi di luglio del 1991 sono un momento a dir poco topico per la storia del cinema: grazie al suo personaggio più iconico, Arnold Schwarzenegger entra di prepotenza nella storia della settima arte.
Ci era già andato vicino ai tempi di Conan, poi erano arrivati Predator, Commando, Danko e Atto di Forza. Quando riprese il ruolo del Terminator che nel 1984 lo aveva lanciato definitivamente, l’ex Mister Olympia diventò in assoluto una delle figure più iconiche di sempre.
Non poteva essere altrimenti del resto visto che Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio, si sarebbe rivelato forse il sequel più azzeccato di sempre, anche più di Aliens – Scontro Finale diretto sempre James Cameron allora decisamente a suo agio con narrazioni cupa e terrificante, e futuri dominati dalle macchine.
Con Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio, forte di un budget di 102 milioni di dollari, Cameron optò per un film che meno pessimista del primo, ma che approfondì i personaggi, introdusse la tematica della paternità e dell’abbandono e soprattutto ci donò un’eroina femminile di enorme caratura.
Da buon creatore di sogni e di illusioni, Cameron con William Wisher, concepì anche una delle nemesi più memorabili della storia del cinema, il perfido e pericosolissimo T-1000 (col volto affilato di Robert Patrick), fatto di metallo liquido e apparentemente indistrittubile.
In Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio gli autori ebbero la geniale intuizione di prendere quella nemesi stratosferica, il golem d’acciaio venuto dal futuro, e di farne una sorta di eroe, il fedele protettore di un John Connor adolescente, che aveva i lineamenti di una delle più grandi scommesse mancate del cinema di sempre: Edward Furlong.
L’America dell’inizio degli anni ’90, pessimista e grundge, divorava il rock glamour dei Guns ‘n Roses con la sua componente di violenza, scendeva nelle strade che erano una giungla urbana senza regole e sovvertiva l’ottimismo machista degli anni ’80; tutti questi aspetti si manifestarono in Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio in modo prismatico.
Se nel primo film Kyel Reese era stato uno degli eroi meno macho e invincibili di quegli anni, la rivoluzione completa, la regalò Sarah Connor, interpretata da una Linda Hamilton che si sottopose ad allenamenti terrificanti, creando di fronte ai nostri occhi, una concentrato di emancipazione, instabilità e rabbia unico.
Incredibile per effetti speciali e potenza visiva, con una colonna sonora anche più perfetta di quella del primo film, Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio non commise l’errore di sottostare ad una sceneggiatura troppo diversa o al contrario troppo semplice o slegata dal primo capitolo.
Permaneva l’incubo nucleare, ancora fresco nella memoria collettiva a dispetto del crollo del blocco comunista, ma in compenso lanciava un nuovo monito, un nuovo allarme: quello sulla tecnologia che invadeva sempre di più il nostro mondo anche in aspetti tutt’altro che secondari (forse oggi questi incubi, allora derisi, si stanno inquietantemente palesando).
Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio non fece altro che parlare della guerra che già esisteva, coprendo tutto con una patina di fantasia che però risultò comunque inquietante, paurosa perché credibile.
Il T-1000, quel camaleonte di metallo, sorta di demone tecnologico, altro non era che l’anticipazione di quell’omologazione, di quella dittatura tecnologica che oggi è un’assoluta realtà, con la compatibilità universale, la sua forza mimetica, il suo spietato incidere dentro le nostre vite.
La componente action ancora oggi è incredibile in Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio. Tanti film dei nostri giorni impallidiscono per ritmo, per l’uso perfetto dello slow-motion, per la spettacolarità che però non richiese mai un eccesso di sospensione dell’incredulità. E per il cuore. Terminator 2 – Il Giorno del Giudizio, nell’orrore di un mondo in bilico, nella sua dimensione di survival movie, di lotta contro un mostro e il destino, era anche il racconto di una paternità, di una macchina che infine, sviluppava un sentimento, una sorta di Frankestein che comprendeva cos’era una lacrima.
Cameron fu capace di unire sci-fi, horror, action e persino il racconto di formazione. Era un film trasversale quello che vedemmo trent’anni fa, eppure allo stesso tempo, fedele a se stesso, ad una dimensione cinematografica incredibilmente seria, cupa e sanguinolenta.
Non vi era l’humor ammorbante formato famiglia che la Marvel ha imposto come sine qua da più di una decina d’anni, né un girl-power sconclusionato, retorico e stupido, né vi era la sterilità immaginifica che ad oggi, rende il genere sci-fi, uno dei più noiosi e meno avvincenti della settima arte
[…] sempre James Cameron avrebbe creato un’altra guerriera iconica: Sarah Connor, protagonista di Terminator 2 , un altro sequel fantascientifico diventato mito.Al personaggio di Weaver/Ripley, capace di essere […]
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