Il tema dell’aborto – pur essendo stato più volte trattato nell’ambito della settima arte (impossibile non pensare, ad esempio, al bellissimo 4 Mesi, 3 Settimane, 2 Giorni, realizzato da Christian Mungiu nel 2007) – è ancora oggi una questione particolarmente spinosa. Ma se cineasti del presente hanno avuto modo di sconvolgere e toccare spettatori di tutte le età, la cosa si fa particolarmente interessante quando il film in questione è ispirato a fatti realmente accaduti. Questo è il caso, ad esempio, dell’ottimo L’évenement, opera seconda della giovane regista Audrey Diwan, che si è aggiudicato il Leone d’Oro alla 78° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Annie Ernaux, L’évenement – ambientato a Parigi nel 1963 – ci racconta le vicende di Anne, brillante studentessa di lettere che rischia di dover abbandonare per sempre gli studi nel momento in cui scopre di essere incinta. Dal momento che l’aborto non è ancora consentito dalla legge, qualora la ragazza volesse interrompere la gravidanza in modo clandestino, rischierebbe addirittura la galera.

Il dramma di una donna sola, l’impossibilità di trovare aiuto o comprensione, una disperata corsa contro il tempo, dunque, stanno al centro del discorso nel presente L’évenement. E la regista, dal canto suo, cosa fa? Forte (anche) di un’ottima interprete (la giovane e talentuosa Anamaria Vartolomei, che sulle sue spalle regge alla perfezione l’intero lungometraggio), la Diwan opta per un approccio registico particolarmente intimista: la sua macchina da presa mai di discosta dalla giovane protagonista, le dedica intensi primi piani, ulteriormente valorizzati da un formato in 4:3, dedica al resto del contesto volutamente poco spazio, giusto il minimo indispensabile per darci l’idea dell’ambiente in cui vive Anne.

Il risultato finale è un forte senso di claustrofobia e di spaesamento. Lo spettatore si immedesima con la protagonista fin dai primi minuti, spera con lei, soffre con lei. E tale forte empatia diviene ancor più forte – se non addirittura insostenibile – in due dei momenti che maggiormente rendono l’idea delle sofferenze di una donna costretta dalla legge – e dalla società! – ad affrontare da sola una situazione più grande di lei.

Audrey Diwan non ci risparmia proprio nulla. E, in alcuni casi, fa sapientemente affidamento a un tanto riuscito quanto straziante fuoricampo (come, ad esempio, nella scena che maggiormente ha scioccato pubblico e critica, in cui la ragazza tenta di praticarsi un aborto da sola, mentre la macchina da presa resta costantemente fissa sul suo viso).

Nulla è affidato al caso, in L’évenement. Al contrario, la Diwan ha dimostrato grande attenzione ai dettagli e, soprattutto, una grande sensibilità, vicina com’è alla sua giovane protagonista, ma anche distanziata quanto basta per poter raccontarci le sue vicissitudini in modo lucido.

Sarebbe riduttivo attribuire a tale buona resa finale una sensibilità “femminile”, come – ahimé! – va parecchio di moda negli ultimi anni. Audrey Diwan sa cos’è il cinema. E sa anche in che modo alcune storie dovrebbero essere messe in scena, per poter arrivare al pubblico in tutta la loro potenza. Qui alla Mostra del Cinema di Venezia ce lo ha dimostrato. E, fortunatamente, se ne sono accorti in molti.