Non è la prima volta che Piccole Donne, il celebre romanzo di Louisa May Alcott, viene riadattato per il grande schermo. Se, infatti, già nel 1933 George Cuckor ne aveva realizzato una versione con protagonista la grande Katherine Hepburn, qualche anno dopo – e, nello specifico, nel 1949 – Mervin LeRoy ha dato vita a una propria versione con protagoniste June Allison e Liz Taylor. E se nel 1994 avevamo visto una giovane Winona Ryder nel ruolo di Jo nel Piccole Donne di Gillian Armstrong, in pochi sapranno che del suddetto romanzo ne era stata girata una prima versione già nell’epoca del muto, la quale, purtroppo, è andata ormai perduta. Eppure, come ben si può immaginare, il celebre libro della Alcott continua ancora oggi a esercitare un grande appeal sul pubblico di tutte le età. Al punto da spingere l’attrice e regista Greta Gerwig a “dire la sua” e a volerne realizzare un’ulteriore versione in quanto sua opera seconda da regista.
E questo ultimo lavoro della Gerwig vede innanzitutto un cast d’eccezione, di cui fanno parte Saoirse Ronan, Emma Watson, Timothée Chalamet, Laura Dern, Louis Garrel e – non per ultima – la grandissima Meryl Streep, che qui, insieme alla Ronan nel ruolo di Jo, sta a impersonare uno dei personaggi di maggior impatto di tutto il film (quello della burbera zia March) grazie soprattutto alla sua indiscussa presenza scenica.
Ad ogni modo, la storia è quella che conosciamo tutti (o quasi): le quattro sorelle March (Jo, Meg, Amy e Beth) vivono insieme alla madre, mentre il loro padre è partito per la guerra. Le giovani fanno ben presto amicizia con Laurie, il quale vive in una lussuosa villa, proprio di fianco alla loro modesta casa. E così, tra giochi, litigi e sogni per il futuro, le quattro ragazze diventano pian piano adulte.
Che fare, dunque, quando la presente storia è stata praticamente raccontata in tutte le salse? Semplice: tentare di conferire al tutto una struttura narrativa mai utilizzata prima (almeno per quanto riguarda le precedenti trasposizioni del romanzo). E così, il Piccole Donne della Gerwig, focalizzando la propria attenzione principalmente sul personaggio di Jo (vera protagonista anche delle precedenti opere) prende il via nel momento in cui la ragazza presenta a un editore i propri racconti. Da qui seguiamo le vicende della ragazza e della sua famiglia mentre presente e passato si alternano in continuazione. Tale uso copioso di flashback e flashforward, dunque, è il principale marchio di fabbrica di questo lavoro di Greta Gerwig, insieme a una studiata discontinuità fotografica atta a caratterizzare i diversi livelli temporali.
E se – data la messa in scena adottata e, soprattutto, dato il frequente susseguirsi degli eventi – inizialmente l’intero lavoro ci appare eccessivamente frettoloso, con tanto di momenti che avrebbero necessitato di maggiore tempo, di maggiore pathos per essere rappresentati al meglio, ecco che, dopo la seconda metà del film, l’intero lungometraggio decolla: finalmente viene dedicata ai momenti di vita delle quattro sorelle un’adeguata attenzione, il montaggio si fa immediatamente attore principale nel mostrarci passato e presente che si contrappongono, conferendo al tutto anche un notevole impatto emotivo (vedi, su tutti, i momenti che ci raccontano la malattia di Beth).
Un lavoro, questo di Greta Gerwig che più di ogni altra trasposizione si concentra sull’atto dello scrivere in sé e sul rapporto stesso di Jo con la scrittura. E la cosa gioca indubbiamente a favore dell’intero lungometraggio. Un lungometraggio in cui determinati rapporti vengono eccessivamente esasperati (vedi, ad esempio, la pseudo rivalità tra Jo ed Amy o i sentimenti contrastanti che legano la giovane scrittrice all’amico Laurie), mentre altri non sono sviluppati a dovere (vedi lo stesso legame tra Jo e Beth che viene approfondito a dovere soltanto nella seconda parte del film). Un lungometraggio che presenta sicuramente delle imperfezioni. Eppure, allo stesso tempo, un lungometraggio sentito e appassionato, per una storia che, anche a distanza di molti e molti anni da quando è stata creata, ci sembra ancora tanto giovane e attuale.