Di Spike Lee, nel 2018, sentiremo spesso parlare; il suo Blackkklansman, presentato e acclamato all’ultimo festival di Cannes sembra già destinato ad entrare nella cinquina dei migliori film ai prossimi Academy Awards. In Italia, Blackkklansman arriverà nelle sale il 28 settembre, ma fino ad allora c’è il tempo per rivedere i film più importanti della carriera del regista newyorkese e scoprire qualche chicca, come una serie tv, passata in sordina.

She’s gotta have it non è solo una serie tv scritta e diretta da Spike Lee, ma è il remake, in chiave seriale, del suo film d’esordio Nola Darling (tradotto in italiano con Lola Darling),  del 1986, con cui vinse il Prix de la Jeunesse al 39° Festival di Cannes.

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Con She’s gotta have it, il film non solo si riappropria solo del suo titolo originale ma, soprattutto, sviluppa la storia della protagonista nella New York del 2017. 

Al regista basta, di fatto, solo il primo episodio per racchiudere il nodo cruciale dell’intero lungometraggio – il quadrato amoroso che vede Nola (DeWanda Wise) frequentare tre differenti uomini – per   poi concentrare la sua attenzione sulla vita di una giovane artista afroamericana impegnata a esplorare se stessa, a livello umano, professionale e sentimentale.

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Nonostante l’amore rimanga uno dei motori che animano la narrazione, questo non risulta più un protagonista principale, ma secondario e anche Jamie (Lyriq Bent), Greer (Cleo Anthony) e Mars (Anthony Ramos) – i tre amanti di Nola – sono destinati a far parte delle numerose esperienze di vita che la giovane donna dagli occhi di smeraldo desidera vivere, fino in fondo.

Spike Lee abbandona il bianco e nero della versione originale, per una fotografia dai toni estremamente pop, che ben si adattano alla Nola del nuovo millennio, determinata a difendere il suo diritto di essere una donna libera anche negli Stati Uniti dell’era Trump.

She’s gotta have it si avvicina molto ad altre serie cult generazionali, come Girls e Sex and the city, ma la sua forza sta nel passato e nella sua capacità di saperlo superare per adattarsi al presente senza alcuna difficoltà. 

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Questo non significa che non ci siano dei passi falsi durante i dieci episodi che compongono la serie, a ben vedere i personaggi maschili tendono a degli stereotipi ben definiti e la disavventura dell’amica di Nola, Shemekka (Chyna Layne), ha qualcosa di particolarmente grottesco, ma la regia di Spike Lee è tangibile e, in un panorama in cui lo sguardo d’autore è spesso assente, questo riesce a ristabilire l’equilibrio e rendere la serie una godibile attesa prima del suo ritorno in sala.

Fra alti e bassi, è la colonna sonora ad essere indiscutibile, data la scelta accurata e l’ancor più geniale trovata di rubare qualche secondo a Nola per mostrare allo spettatore la copertina dell’album in cui trovare il brano appena ascoltato. In qualche circostanza, il passato è ancora un passo avanti.