L’aereo è il mezzo di trasporto più sicuro.

Vero, senza ombra di dubbio. Ma quante volte abbiamo detto o ci siamo sentiti dire questa frase, al punto che la stessa, nel corso del tempo, è divenuta un vero e proprio cliché? Ad ogni modo, al cinema, disastri aerei o attacchi terroristici durante i voli (senza dimenticare gustose parodie, come l’ormai cult L’Aereo più pazzo del Mondo, diretto da David Zucker, Jim Abrahams e Jerry Zucker nel 1980) hanno sempre esercitato una certa attrattiva su spettatori di tutte le età. Grandi aspettative, dunque, ha sollevato l’uscita in sala di The Plane, ultima fatica del cineasta francese approdato a Hollywood Jean-François Richet.

Già, perché, di fatto, la storia di un pilota (impersonato da Gerard Butler) che si trova a dover portare in salvo un gruppo di passeggeri durante una tempesta, a causa della quale l’aereo su cui viaggiano è stato pesantemente danneggiato, promette almeno due ore di sana adrenalina.
Sarà vera gloria? Andiamo per gradi.

Bisogna ammettere che l’aereo su cui viaggiano il pilota Brodie Torrance (Butler, appunto), il suo equipaggio e i passeggeri non è tra i più “fortunati”. Partito la notte di Capodanno, su di esso viaggia anche – ammanettato e sotto stretta sorveglianza – Luis Gaspare (Mike Colter), un uomo accusato di omicidio.
In seguito alla suddetta tempesta, Torrance sarà costretto a effettuare un atterraggio d’emergenza. Peccato che essi finiranno nell’isola di Jolo, nelle Filippine, popolata da un pericoloso gruppo di terroristi e senza alcun controllo da parte della polizia.
Che fare, dunque, per far ritrovare le proprie tracce e fuggire da quel posto così insidioso?

Durante la visione di The Plane, indubbiamente ci si diverte. Questo è un dato di fatto. Le scene d’azione, così come i momenti di tensione, non si fanno mai attendere troppo a lungo. E la cosa ci piace. Eppure, purtroppo, come ben sappiamo, non è mai tutto rose e fiori. E il problema principale di questo ultimo lungometraggio di Richet è la sceneggiatura.

Una sceneggiatura in cui si contano non poche forzature – e persino qualche cliché di troppo – che finiscono inevitabilmente per far perdere al tutto di credibilità.
The Plane si svolge secondo un copione prestabilito. Soprattutto per quanto riguarda alcuni momenti man mano che ci si avvicina al finale. Una volta sull’isola, Torrance e Gaspare decidono di unire le loro forze a andare a riprendere il gruppo di passeggeri – ormai tutti ostaggi dei terroristi – al fine di riportarli sull’aereo e tentare di fuggire. E fin qui tutto bene.

Nel mettere in scena tali imprese, inoltre, il regista non ha avuto paura di calcare la mano, di rendere sparatorie e combattimenti al limite del paradossale, suscitando, assai frequentemente, qualche involontaria risata anche nello spettatore più appassionato.

La valenza catartica di certi momenti – che tanto piace al nostro amato Quentin Tarantino – qui perde del tutto di potenza. Ormai nessuno crede più alla storia. Ma, si sa, nessuno è, in realtà, Quentin Tarantino. E in questo suo The Plane Jean-François Richet si è rivelato sì genuino negli intenti, ma, purtroppo, anche piuttosto maldestro. Peccato.