Il regista francese Emmanuel Mouret torna a parlare d’amore con Una relazione passeggera, cronaca di un non amore che s’impegna a non impegnarsi.

Con il titolo originale Chronique d’une liaison passagére, ben più adatto di Una relazione passeggera della versione italiana, il film di Mouret regala al pubblico una cronaca, un racconto scandito dagli incontri romantici di due protagonisti che camminano sul filo dell’amore. Presentato in concorso nella sezione Cannes Première del 75° Festival di Cannes il film arriva in sala il 16 febbraio.

Charlotte e Simone, lei single con figli, lui sposato con figli: questo è tutto quello che ci raccontano di loro, perché del mondo prima d’incontrarsi non verrà mostrato nulla, sappiamo solo quello che il regista sceglie di raccontarci, solo i due protagonisti nei momenti che vivono insieme.

Una storia fatta d’incontri all’aperto, passeggiate, risate a letto e un’intesa che sembra sempre dover sfociare in un grande amore che getterà all’aria i loro piani. Impegnarsi a non impegnarsi: questo è il loro mantra, una relazione adulta senza drammi, senza passione o alti sentimenti, appunto, una relazione passeggera, senza futuro. Finirà, prima o poi, basta solo non chiedersi quando.

Charlotte, Sandrine Kiberlain, di drammi ne ha già vissuti abbastanza e non ha intenzione di combatterci ancora, Simone, Vincent Macaigne, ha una moglie che non ha mai tradito, ci ha pensato, ma non l’ha mai fatto. Nel film esistono unicamente loro due che si confrontano sulla vita, sul loro modo di affrontare le cose, tra il modo di fare impacciato e titubante di lui e quello ben più casual e spensierato di lei, che sembra avere un talento per rendere tutto più semplice, quasi riuscisse a sciogliere tutti i nodi in cui l’uomo riesce ad incastrarsi. In un crescendo di complicità, che neanche i due protagonisti credevano di poter vivere, la relazione continua, diventando sempre più intima ad ogni salto temporale che il regista ci mostra.

La data in sovraimpressione cambia e così la location dell’appuntamento che ci è concesso osservare, ma a cui non viene aggiunto altro, abbiamo solo il tempo che ci viene mostrato e quello deve bastarci. Non ci sono flashback, voci narranti che introducono la storia o che tirano le somme sul finale, anche il racconto, infatti, si apre così, in medias res, mettendoci davanti ad una conoscenza già iniziata e cominciando a raccontare da lì, pezzo per pezzo, una relazione in divenire, che si definisce, ma traballa ad ogni sguardo.

Una relazione passeggera è un film fatto di gesti, sguardi, parole ed espressioni da decifrare, tutto giocato intorno a quel precario equilibrio di emozioni che sembra essere sempre sul punto di perdere il suo centro.

Sembra amore ma non lo è, almeno non nel senso canonico a cui siamo abituati a pensarlo, è una relazione che esiste solo in quel momento. Ed è questo che il regista vuole far scoprire al suo pubblico, una relazione fatta di non detti da ascoltare, di occhiate da capire e due personaggi da indagare, il tutto immerso in una luce capace di avvolgere l’intera pellicola, anche quando i toni si fanno più cupi, quella luce rimane ad illuminare i due protagonisti.
Come andrà a finire non ci è dato saperlo perché abbiamo a disposizione solo il tempo che Mouret decide di mostrarci, da quel secondo incontro fino a quello che sarà l’ultimo per il pubblico, ma forse non per Charlotte e Simone. Una porzione di vita fatta d’incontri che sappiamo siano destinati a finire, seppur sembrino meravigliosamente perfetti.

Sono contento di vivere ciò che vivo ora

Ed è proprio questo “ora” che possiamo conoscere e niente di più. Senza dubbio, il ritmo della narrazione, scandito dai discorsi profondi e sarcastici dei due, ricorda le relazioni Alleniane, di quegli amori raccontati con le parole e gli sguardi più che con i corpi, che evolvono e delineano i singoli più che la coppia come unica entità; una sorta di Io e Annie parigino, ma molto meno cervellotico, con un uomo impacciato che sembra parlarsi addosso e una donna ben più conscia di se stessa che sa prendere tutto come viene, dentro e fuori la relazione.
Un amore che non è amore, una complicità rara e un modo autentico di raccontare una relazione: questo fa della pellicola di Mouret una piccola gioia per gli occhi.