Undicesimo lungometraggio di finzione di Arnaud Desplechin, Tromperie è stato co-scritto con la sceneggiatrice Julie Peyr, con la quale aveva già lavorato per Jimmy P. (2013) e I miei giorni più belli (2015). In realtà, si tratta dell’adattamento di un romanzo di Philip Roth, Inganno, pubblicato nei primi anni ’90.
Desplechin, dal canto suo, già progettava questa trasposizione su grande schermo da parecchio tempo, il che fa capire l’ammirazione del regista verso il romanziere e la sua opera. E se Roubaix, una luce (2019), il suo film precedente, era più un dramma poliziesco con focus sull’aspetto psicologico, qui il cineasta torna ad un progetto più personale.
Philip, scrittore americano a Londra, dialoga con le donne della sua vita, in particolare con la sua amante, inglese, intelligente, colta e compromessa da un matrimonio a cui a soli trentacinque anni, si è già rassegnata. Da mesi abdica il talamo nuziale per fare l’amore, parlare e discutere (molto) solo con lei, nutrendo di parole il suo insaziabile appetito di scrittore. Amanti, spose, amiche rifugiate o terminali, studentesse bipolari, parlano tutte attraverso la voce di Philip, perfino in sogno. Nessun filo conduttore lega queste conversazioni se non l’eco lancinante delle ossessioni del suo autore, il sesso, l’adulterio, la fedeltà, l’antisemitismo, la letteratura. Feticista delle parole, Philip è in ascolto assoluto delle donne che lo circondano.
L’identificazione di Desplechin con lo scrittore Philip, figura ambigua e tormentata, è molto evidente, data la vicinanza dei loro mondi e delle loro preoccupazioni. Fondamentale nella fase di stesura della sceneggiatura è stata la ricerca da parte del regista dell’approccio ideale per confrontarsi con il materiale letterario preso come ispirazione, ricerca che l’ha portato a segmentare in undici capitoli cinematografici (più un epilogo) la sua opera. Proprio riguardo l’argomento, Desplechin ha dichiarato:
Abbiamo lavorato per strutturare la narrazione in modo tale che queste scorribande sentimentali potessero essere raccontate, trasformandosi così in trama. La divisione in capitoli è stata finalizzata in sala di montaggio.
Il risultato è emozionante e pieno di sottili paradossi. Oscillando tra eleganza e sobrietà, leggerezza e oscurità, porte chiuse e fughe spaziali, pudore e sensualità, ellissi e profusione di dialoghi, Tromperie è una vera delizia. I capitoli principali sono incentrati su Philip e la sua amante londinese (Léa Seydoux, sublime), nell’appartamento che lo scrittore ha scelto come luogo di lavoro.
Il doppio adulterio che perdura per diversi mesi permette ai due amanti di scambiare confidenze, e allo scrittore di evocare aneddoti personali e professionali, alcuni dei quali costituiscono segmenti autonomi. Troviamo anche conversazioni, telefoniche o reali, con altre donne, che portano a chiedersi se alcune di queste non siano frutto dell’immaginazione di Philip. Trattasi di un’opera importante, grazie alla quale si può affermare serenamente l’avvenuta maturazione di un regista che ha ancora tanto altro da regalarci.