Nonostante la 78ª edizione della Mostra di Venezia si sia conclusa, continuano a far parlare di sé diverse delle pellicole presentate. Tra queste, Freaks Out è destinata ad essere tema di dibattito per i cinefili nei giorni a venire.
Diretto da Gabriele Mainetti, è l’opera che segue il grande successo datato 2015, Lo chiamavano Jeeg Robot. Con Freaks Out, Mainetti si conferma nella scena cinematografica italiana come uno dei registi più originali interessato a storie “nuobe”.
Nel cast ritroviamo Claudio Santamaria, accompagnato da Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi e Franz Rogowski. Prodotto da Lucky Red, Goon Films e Rai Cinema, Freaks Out è in sala dal 28 ottobre.
I fatti si svolgono nella Roma del 1943, in piena seconda guerra mondiale. Il circo di Israel conta nella sua schiera Matilde, Cencio, Fulvio e Mario, “fenomeni da baraccone” con abilità innate.
Nel momento in cui Israel scompare misteriosamente, i quattro si ritrovano soli e abbandonati a loro stessi, senza un soldo in una città occupata dai nazisti. Nel mentre, un losco figuro ha messo gli occhi sui ragazzi del circo, con in mente un piano che potrebbe cambiare non solo la sua vita, ma anche il corso della storia.
La sfida accolta da Freaks Out non è delle più semplici: ambientare questo action fantasy, brioso e trascinante in uno dei contesti storici più tetri di sempre. Mainetti presenta un prodotto che risulta essere un mix tra un racconto d’avventura, romanzo di formazione e una riflessione sulla diversità.
C’è da evidenziare in primis la grandezza visiva di quest’opera. I 12 milioni di euro di budget (molto più di quanto speso per Lo chiamavano Jeeg Robot) si percepiscono tutti, in presenza di un comparto grafico che nulla ha da invidiare alle grandi produzioni hollywoodiane (forse solo le maestranze).
Se nella prima parte del film gran parte della storia è dedicata all’introduzione dei freak, dalla metà in poi l’azione travolgente riempie gli occhi e tiene incollati alla poltrona, anche se con qualche sbadiglio di troppo. La “battaglia finale” quindi, risulta alquanto prolissa e lo spettatore stanco è portato a pensare che forse una manciata di minuti in meno era più adeguata.
Si può dire con convinzione che Freaks Out, dopo essersi fatto attendere per ben quattro anni, ripaga le aspettative di puro intrattenimento in lui riposte.
Mainetti cerca con coraggio nuove strade per la nostra industria (considerando solo gli anni dal 2000 in poi), osando e rischiando. Lo sguardo è quello sognante di un regista cresciuto con i migliori film d’avventura degli anni ’80 e ’90 e che ha deciso di proporre una pellicola ispirata sicuramente al suo (e nostro) background culturale.
Non ci troviamo al cospetto di un capolavoro, ma finché ci saranno, nel nostro piccolo e moribondo cinema, personalità coraggiose, come Mainetti o Alessandro Celli autore di Mondocane, disposte ad andare oltre i cliché temetici e a rompere gli schemi il pubblico sarà pronto a tornare in sala, emozionarsi e forse anche ad applaudire.
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