Uno dei nomi più interessanti per quanto riguarda il cinema horror contemporaneo è indubbiamente quello del cineasta statunitense Jordan Peele. Dopo il grande successo del suo Scappa – Get out, realizzato nel 2017 e vincitore del Premio Oscar alla Miglior Sceneggiatura nel 2018, e dell’altrettanto interessante Us (2019) eccolo tornare in sala con Nope, il suo terzo, attesissimo lungometraggio.
Nonostante si tratti indubbiamente di un prodotto estremamente complesso e raffinato, però, in molti, purtroppo, hanno storto il naso in seguito alla visione di Nope. Sarà che questo suo ultimo lavoro è a tutti gli effetti “il film che non ci si aspetta”. Sarà che l’importante metafora presente al suo interno non è arrivata a tutti. Ad ogni modo, il regista ha mantenuto anche un questo caso un approccio estremamente intelligente e competente, regalandoci una vera e propria perla del cinema horror/fantascientifico contemporaneo. Ma andiamo per gradi.
Ci troviamo nel 1998, sul set della sitcom Gordy’s Home.
Lo scimpanzé protagonista viene spaventato dallo scoppio di un palloncino e – cosa mai accaduta prima – attacca gli attori presenti uccidendone addirittura alcuni. Jupe, l’attore più giovane, riesce a salvarsi nascondendosi, ma quando tutto sembra finito e lo scimpanzé sembra addirittura dimostrargli la sua amicizia avvicinandogli il pugno, viene improvvisamente ucciso dalla polizia. Molti anni dopo, il proprietario di un ranch atto ad allevare cavalli per produzioni cinematografiche, viene improvvisamente ucciso da alcune monete precipitate probabilmente da un aereo. Saranno i suoi due figli OJ (impersonato da Daniel Kaluuya) ed Em (Kake Palmer) a ereditare il ranch e a portare avanti il suo lavoro. Gli eventi misteriosi, però, sembrano non essere finiti.
Per i temi trattati, per i numerosi riferimenti presenti, bisogna innanzitutto riconoscere una cosa: Nope di Jordan Peele è una vera e propria dichiarazione d’amore al cinema. Al cinema del passato che, a causa dell’avvento del digitale, dei nuovi media e delle nuove piattaforme di streaming, rischia di morire per sempre. Cosa si può fare per evitare ciò? “Nope” ordina OJ a sé stesso, nel momento in cui si trova in macchina sotto un misterioso disco volante dall’aspetto minaccioso. No. Non sta accadendo davvero. Non bisogna assolutamente guardare in quella direzione. Altrimenti si rischia di perdersi per sempre.
Non è un caso che OJ ed Em – che, appunto, allevano cavalli – siano i diretti discendenti di Eadweard Muybridge, uno dei più importanti pionieri della settima arte che già nell’epoca del pre-cinema aveva tentato di mettere le immagini in movimento posizionando tante macchine fotografiche lungo una pista da corsa per cavalli. OJ ed Em sono le origini del cinema. Il misterioso disco volante che si materializza sopra il loro ranch – un disco volante dalla forma insolita, completamente piatto, privo di spessore, che quasi ricorda la forma di un occhio – è tutto ciò di “sbagliato” che l’epoca moderna ha portato con sé. Potrà mai esserci una qualche possibilità di salvezza? E, soprattutto, poteva mai un cineasta esperto e attento come Jordan Peele “restare semplicemente a guardare” in un’epoca in cui sempre più cinema sono costretti a chiudere per sempre i battenti, dal momento che il pubblico sembra preferire le piattaforme di streaming?
In Nope, Jordan Peele ci mostra in modo assai velato conseguenze e possibili soluzioni. Sta allo spettatore, poi, decidere come approcciarsi al tutto. Nel frattempo, inquietanti suoni, suggestioni, insieme a elettrodomestici che sembrano improvvisamente impazziti ci conducono per mano nel mondo dei due protagonisti, prima delle “battaglie” finali.
Tutto in Nope è spettacolare. Persino nei momenti di attesa, quando non si sa realmente di cosa avere paura. Jordan Peele sa bene su cosa fare leva e con quali effetti speciali giocare. Il problema, in questo caso è, appunto, quello di non essere stato capito a dovere. Ma si tratta pur sempre di Jordan Peele, una delle più interessanti scoperte degli ultimi anni, che, pur avendo realizzato fino a oggi soltanto tre lungometraggi, ha già ampiamente dimostrato di sapere il fatto suo.
Nope ne è un’ulteriore conferma, oltre alla dimostrazione che per apprezzare il cinema del presente non bisogna mai dimenticare il cinema del passato. Solo così, forse, si potrà riuscire a salvare la nostra amata settima arte.