Unico italiano in corsa per il tanto ambito Orso d’Oro alla 73° edizione della Berlinale, il regista Giacomo Abbruzzese ha presentato Disco Boy, frutto di una coproduzione tra Francia, Italia, Belgio e Polonia e con protagonista un sempre ottimo Franz Rogowski, che in Italia abbiamo già avuto modo di apprezzare in Freaks Out, diretto da Gabriele Mainetti e presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia 2021. A Franz Rogowski, dunque, il compito di reggere quasi per intero sulle sue spalle un lungometraggio estremamente complesso e stratificato, un’opera pregna di significato che abbraccia diversi luoghi e diverse culture.
La storia messa in scena, dunque, è quella di Aleksei (Rogowski, appunto), proveniente dalla Bielorussia e che, durante una trasferta in Polonia per seguire una partita di calcio, decide di scappare insieme a un suo amico alla volta della Francia, al fine di iniziare una nuova vita. Rimasto solo in seguito a un incidente, il ragazzo deciderà di arruolarsi nella Legione Straniera Francese. Qui avrà la possibilità – una volta trascorsi alcuni mesi – di ottenere la cittadinanza francese, un nuovo nome e una nuova identità.
La storia di Aleksei, al contempo, si intreccia con quella di Jomo (Morr Ndiaye), un giovane nigeriano che combatte per difendere la propria patria dagli sfruttamenti da parte degli stati esteri. Udoka, la sorella di quest’ultimo (impersonata da Laëtitia Ky), giunta in Francia come clandestina e che lavora come cubista in una discoteca, farà da “collegamento” tra le vite dei due.
Disco Boy, dunque, è a tutti gli effetti “il film che non ci si aspetta”.
Giacomo Abbruzzese, qui al suo primo lungometraggio di finzione dopo una serie di cortometraggi e documentari, ha scelto di raccontare non una, ma tante storie di persone che vivono ai margini della società, che devono combattere ogni giorno per affermare la propria identità, spesso abbandonando le proprie radici e stravolgendo totalmente ogni loro abitudine.
Non è il primo cineasta, Abbruzzese, che tratta un argomento del genere. Soprattutto se si pensa a quanto realizzato in tutto il mondo negli ultimi anni. Eppure, il suo Disco Boy ha una cosiddetta “marcia in più”. E ciò è dovuto principalmente a una forte componente onirico/spirituale che il regista ha voluto conferire a questa sua opera prima.
Le vite di Aleksei e di Jomo si intrecciano in continuazione. Ma soltanto nei sogni. Jomo a un occhio diverso dall’altro. Aleksei magicamente si sveglia con la stessa caratteristica dopo aver incontrato Jomo in sogno. Udoka, al contempo, con i suoi costumi luccicanti e il suo fascino misterioso, ha su Aleksei un effetto magnetico.
Il ruvido realismo all’interno delle caserme e sui campi da addestramento si contrappone fortemente a immagini astratte, a luci soffuse e dai colori caldi all’interno della discoteca. Corpi sinuosi si muovono danzanti in penombra. Le musiche elettroniche – a opera del compositore Vitalic – fanno il resto e contribuiscono a rendere questo Disco Boy un lungometraggio fortemente simbolico. Un lungometraggio che non ha paura di sperimentare, di percorrere nuovi sentieri e che, all’interno di questa Berlinale 2023 si distingue innanzitutto per la sua forte, marcata personalità.
[…] per il desiderio di sperimentare con nuovi linguaggi cinematografici. Basti pensare, ad esempio, a Disco Boy di Giacomo Abbruzzese, l’unico film italiano in corsa per l’Orso d’Oro, nonché piacevole […]