Sarebbe riduttivo pensare a Vera Gemma considerandola semplicemente “la figlia di Giuliano Gemma”, perché, di fatto, l’attrice e scrittrice, pur avendo avuto, nel corso della sua vita, non poche difficoltà ad affermarsi nel mondo dello spettacolo, vanta una personalità e una presenza scenica in grado di catturare l’attenzione dello spettatore fin dai primi minuti dalla sua apparizione sul grande schermo.

Ce lo hanno dimostrato i due registi e fotografi austriaci Tizza Covi e Rainer Frimmel, i quali, in occasione della 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, hanno presentato, in concorso nella sezione Orizzonti, Vera, la loro ultima pellicola, che, appunto, si concentra proprio sulla figura della fragile e vulnerabile Vera Gemma.

Vera è una donna indubbiamente appariscente: i suoi lunghi capelli biondi e il suo abbigliamento non passano di certo inosservati alle numerose feste vip a cui è solita prendere parte. Eppure, le cose non sono (quasi) mai ciò che sembrano. La sua vera essenza, di fatto, è un’altra. E viene meravigliosamente fuori proprio durante il film, in cui non si sa mai dove finisca la realtà e inizi la finzione, come sempre accade nelle opere di Covi e Frimmel.

Tra una festa e l’altra, tra un provino e l’altro, un giorno la donna, mentre sta viaggiando insieme al suo autista per la periferia di Roma, investe accidentalmente un bambino che stava viaggiando sullo scooter insieme a suo padre. Il bimbo si rompe un braccio e Vera, commossa dalla sua storia e colpita dalle condizioni di estrema indigenza in cui egli vive con suo padre e sua nonna, decide di aiutarlo in ogni modo, entrando quasi a far parte della famiglia. Ben presto, però, gli eventi prenderanno una piega inaspettata.

Qual è lo scopo principale di Tizza Covi e Rainer Frimmel nel momento in cui si accingono a girare un film? Semplice: scoprire pian piano cosa accade “dietro le quinte”, venire a conoscenza di realtà di cui ognuno ha un’idea ben precisa, ma di cui nessuno, di fatto, conosce la vera essenza. Questo è il caso anche della vita di Vera Gemma, della quale, guardando la tv, abbiamo un’immagine artefatta, costruita quasi a tavolino, ma che, nella vita di tutti i giorni, è molto più sensibile e vulnerabile di quanto inizialmente possa sembrare.

Cinema del reale allo stato puro: pedinamento zavattiniano, camera rigorosamente a spalla, attori non professionisti o che semplicemente interpretano il ruolo di sé stessi, una sceneggiatura solo sommariamente abbozzata, location reali. E poi, ciliegina sulla torta, l’uso della pellicola. Da bravi fotografi quali sono, infatti, Tizza Covi e Rainer Frimmel sono soliti girare anche i loro film in pellicola, conferendo di volta in volta alle loro opere il gradito sapore di una realtà senza tempo.
Una realtà spesso cruda, dolorosa, che con le sue numerose imperfezioni risulta quasi magicamente perfetta. Una realtà tanto effimera quanto meravigliosamente affascinante. E, in questo caso, la realtà di Vera Gemma, che per tanti, troppi anni ha vissuto all’ombra di suo padre Giuliano. Proprio come sta a dimostrare l’enorme ritratto di quest’ultimo posto sopra il letto della protagonista.