Ci aveva pensato Zack Snyder, nel 2009, a trasporre sul grande schermo l’avventura grafica raccontata da Alan Moore e Dave Gibbons a metà degli anni Ottanta. Nel 2019, invece, si passa dal cinema alla tv con una serie ideata e scritta da Damon Lindelof – tra i creatori di Lost per intenderci. Trasmessa negli Stati Uniti su HBO e in Italia su Sky Atlantic, è possibile trovare Watchmen in streaming su Sky e Now Tv.
Watchmen è una serie che ti spiazza e ti ipnotizza ad una visione costante, che si esaurisce soltanto al finire dell’ultima puntata.
Un prodotto seriale che non si può semplicemente definire come un adattamento (perché non lo è e non ha mai avuto la pretesa di esserlo), ma come un sequel che vuole utilizzare l’opera grafica solo come punto di partenza per una narrazione del tutto nuova.
La storia della miniserie è ambientata a Tulsa, trent’anni dopo gli avvenimenti che hanno colpito la città di New York e dopo che il Dottor Manhattan è finito esilio volontario su Marte.
Nell’universo alternativo che ci viene mostrato Robert Redford è il presidente degli USA, i supereroi sono classificati come criminali e la tecnologia è evoluta, ma non come la conosciamo. Nella cittadina dell’Oklahoma i poliziotti non sono al sicuro e devono indossare una maschera per tutelarsi dal gruppo di suprematisti bianchi che indossano, invece, la maschera di Rorschach e si professano come suoi seguaci.
Watchmen, non solo questione di maschere…
Sa qual è la differenza tra un supereroe e un poliziotto mascherato?… Nemmeno io!
è la frase pronunciata dall’agente dell’FBI Laurie Blake (Jean Smart) ad Angela Abar (Regina King), durante il funerale del capo della polizia di Tulsa Judd Crawford (Don Johnson).
Questo non è il vero inizio della serie, ma è una di quelle battute in cui si manifesta il cinismo investigativo di Blake e il suo inevitabile legame col passato.
Le maschere non bastano a nascondersi dal nemico e aprono la questione su cosa sia giusto e cosa no rapportandolo ad una società in cui spesso le regole sono sovvertite e le battaglie sono difficili da combattere.
La serie configura fin da subito i personaggi inserendo delle parentesi che chiariscono tutti quegli aspetti che li riguardano, sia legati al passato che al loro presente.
Watchmen inizia raccontando una storia che, puntata dopo puntata, sviluppa parentesi secondarie che chiariscono l’esistenza dei nuovi personaggi.
Mentre nei primi due episodi diamo uno sguardo al presente, man mano che si procede il passato diventa un elemento fondamentale in cui si inseriscono le tematiche del razzismo, disuguaglianza, supremazia e violenza avvenuti negli Stati Uniti.
Come avveniva a metà anni Ottanta, in cui Moore raccontava una ucronica New York pericolosa durante la guerra fredda, Lindelof ci catapulta in una Tulsa alternativa riportando – oltre alla funzione del supereroe – il razzismo della società moderna e mescolando il passato ad un presente narrativo che non è per niente distante dalla contemporaneità.
Watchmen attinge alcuni particolari dal fumetto per scegliere di seguire una strada indipendente, aggiungendo alla fantascienza l’azzeccata forma narrativa del poliziesco seriale, inserendo man mano legami e contrasti tra i vari protagonisti.
Il genere di riferimento è adoperato da Lindelof senza che ci siano contaminazioni da parte del noir o del thriller – come era stato per il film del 2009, che è una rappresentazione molto più fedele all’opera originale.
La miniserie muove e cattura l’attenzione, anche se la visione risulta più impegnativa per chi non ha alcuna dimestichezza con l’opera principale.
Watchmen è un prodotto televisivo che non ambisce ad essere qualcosa di maestoso, ma risulta essere convincente anche grazie alle interpretazioni dei protagonisti.
Se iniziate vedere Watchmen potreste essere contagiati dalla curiosità e farvi trasportare fino all’ultima puntata.