Correva l’anno 2018, quando, in occasione della Mostra del Cinema di Venezia, l’attore Bradley Cooper presentava fuori concorso A Star is born, suo debutto dietro la macchina da presa (nonché terzo remake del fortunato È nata una Stella, realizzato da William A. Wellman nel 1937), il quale, soltanto pochi mesi dopo, si sarebbe aggiudicato ben otto nomination ai Premi Oscar (vincendo l’Oscar alla Miglior Canzone per Shallow di Lady Gaga).

Un debutto folgorante, se si pensa che in molti si erano detti dubbiosi per il fatto che Cooper sarebbe stato presente, qui, nella doppia veste di regista e attore protagonista (rischiando pericolosamente di scadere nell’autoreferenzialità). Eppure, così non è stato. E così, ben cinque anni dopo, eccolo tornare al Lido per presentare in anteprima mondiale Maestro, questa volta in corsa per il Leone d’oro a questa 80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

In Maestro, dunque, Bradley Cooper si è concentrato sulla figura del leggendario compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein (da lui stesso interpretato), focalizzando la propria attenzione in particolare sul rapporto tra quest’ultimo e sua moglie, l’attrice Felicia Montealegre (per l’occasione impersonata da Carey Mulligan). La bisessualità di Bernstein e, più in generale, l’impronta del tutto anticonvenzionale del loro matrimonio, faranno, dunque, nel presente Maestro, (quasi) da protagonisti assoluti.

La scelta di concentrarsi prima sull’uomo e poi sul genio musicale, dunque, è stata chiara a Cooper fin dall’inizio (come egli stesso ha dichiarato). Eppure, al contempo, ciò ha indubbiamente contribuito a far perdere di mordente l’intero lungometraggio, bruciando tutte le numerose potenzialità che un personaggio come quello di Bernstein aveva da offrire e rendendo questo biopic che più che al Leone d’Oro sembra guardare con cupidigia nuovamente all’Oscar (chissà, magari, questa volta, proprio per lo stesso Cooper che, malgrado le pecche del film, nei panni del compositore si è rivelato convincente ed estremamente somigliante), simile ai numerosi altri biopic del genere che vengono prodotti copiosamente da ormai diversi anni a questa parte e che, con il passare del tempo, tendono pericolosamente a confondersi l’un l’altro.

Siamo d’accordo: Maestro, nel complesso, non è un film mal riuscito. Al contrario, una regia composta che soltanto nella sequenza iniziale azzarda movimenti di macchina e un montaggio frenetico atti a trasportarci dalla sala cinematografica direttamente nel mondo di Bernstein, insieme a performance attoriali decisamente buone, sono ulteriore prova della padronanza da parte di Cooper del mezzo cinematografico.

Analogamente, la scelta di alternare colore e bianco e nero (quest’ultimo – ahimé – eccessivamente patinato) ha nel complesso contribuito a conferire fluidità ed equilibrio all’intero lungometraggio.

La storia d’amore tra Leonard Bernstein e sua moglie fa dunque (prepotentemente) da protagonista. Eppure, durante la visione di Maestro, sono proprio i momenti in cui Bernstein è all’opera a colpirci maggiormente e a fare la differenza. Bradley Cooper, dal canto suo, sembra quasi aver avuto “paura” di osare, percorrendo il sentiero sicuro della love story travagliata che tanto era piaciuta al pubblico in occasione del suo film precedente.

Peccato. Al termine della visione, di conseguenza, una domanda sorge spontanea: per quanto tempo ci ricorderemo di questa sua personale versione della vita di Leonard Bernstein?