Per poter rendere al meglio l’essenza del film di Romain Gavras Athena questa recensione andrebbe scritta senza punteggiatura perchè questa opera, sceneggiata dal regista insieme a Ladj Ly (già premiato a Cannes per Les Misérables) ed Elias Belkeddar, non ha nemmeno un attimo di tregua, il ritmo è frenetico e la messa in scena immediata e coinvolgente.
In concorso a Venezia 79, Athena è prodotto da Netflix che lo renderà disponibile per gli abbonati già dal prossimo 23 settembre.

Athena è una decadente e poverissima banlieue con una coesa comunità magrebina. Sui social e in TV esce un video, che subito diventa virale, in cui viene mostrata la morte di un adolescente indifeso per mano dalla polizia. Le immagini scatenano una feroce rivolta popolare.
Il ragazzo morto era il fratello minore di Abdel e Karim, il primo poliziotto, il secondo guida carismatica della comunità e desideroso di giustizia. La guerriglia diventa sempre più aspra, la situazione degenera e il quartiere viene preso d’assedio dalla gendarmeria.
Lo stile di ripresa di Athena è modernissimo, ma l’impianto narrativo è decisamente classico:
Romain Gavras (figlio di Costa Gavras) non nasconde di ispirarsi alla tragedia greca infatti il forte significato simbolico delle immagini, l’unità di tempo e luogo e soprattutto la catarsi (non dei personaggi, ma del pubblico) rappresentano i punti forti del film.
Athena è un’esperienza cinematografica immersiva, potrebbe essere ambientato in ogni epoca, ma Gavras lo porta nel nostro presente soprattutto grazie alla messa in scena: carrelli, dolly, droni e steady-cam sono i mezzi tecnici usati con maestria nei lunghissimi piano-sequenza per creare ansia e concitazione. L’unica inquadratura fissa è quella iniziale sul volto di Abdel, da lì in poi non c’è tempo per respirare o riflettere.
Le immagini vengono mostrate senza remore o censure, la rabbia cresce insieme al senso di spaesamento e impotenza.

Athena non è soltanto un ottimo film d’azione che (finalmente) potrebbe competere con i classici del genere anni ’80 e ’90, ma si tinge anche di impegno sociale e critica alla società francese.
La banlieu è il teatro in cui le disparità sociali sono così esasperate che la violenza è l’unica strada per far sentire la propria voce. I poliziotti, i criminali e gli abitanti di Athena lottano tra fratelli, divisi soltanto dagli schieramenti scelti.
I due fratelli sono i volti dei tentativi di integrazione in Francia: Karim, più giovane ed irruento, stanco delle ingiustizie, sceglie, mosso dall’esasperazione e non solo dalla morte del fratello, la strada violenza, Abdel, poliziotto buono vuole integrarsi in maniera pacifica, non si rassegna alla ghettizzazione e prova a non farvi ricorso, ma ben presto si renderà conto che l’unica possibilità per gli ultimi risiede in essa.
In Athena di Romain Gavras non ci sono buoni o cattivi nè tantomeno vincitori, gli unici ad avere soddisfazione sono gli spettatori grazie al livello altissimo delle sequenze e ad una storia (purtroppo) senza tempo che poteva portare benissimo la firma di John Woo, Michael Mann o Eschilo.