Tra i titoli maggiormente attesi all’ottava edizione del Nordic Film Fest v’è sicuramente proprio il suo film d’apertura, Becoming Astrid – per la regia di Pernille Fischer Christensen – già presentato in anteprima alla Berlinale 2018, nonché vero e proprio caso cinematografico in Svezia, nominato a ben sette Guldbagge Awards (gli Oscar svedesi).

Tema del presente lungometraggio: la vita delle celebre scrittrice di romanzi per bambini Astrid Lindgren, la “mamma” delle celeberrima Pippi Calzelunghe.
Se, dunque, già di per sé è assai complicato approcciarsi a un biopic riuscendo a evitare ogni pericoloso cliché del caso, la cosa si fa ancor più rischiosa nel momento in cui il protagonista in questione è qualcuno di famoso principalmente per qualcosa da lui creato, più che per la sua vita privata. Nel presente caso, tuttavia, Pernille Fischer Christensen è riuscita abilmente a schivare ogni “pericolo”, dando vita a un melodramma che, malgrado l’importante durata, scende giù come un bicchiere d’acqua fresca.

L’Astrid Lindgren che qui ci viene raccontata è una giovane intelligente e ribelle, la quale ha da poco superato l’età adolescenziale e, sin da i suoi primi anni di vita nella casa di campagna dei suoi genitori, ha immediatamente mostrato di non voler adattarsi ai ruoli prestabiliti per le donne dell’epoca, andando a lavorare giovanissima come redattrice presso un quotidiano locale. Qui la ragazza inizierà una relazione con il suo capo, ancora in attesa di divorziare, dalla quale nascerà il piccolo Lasse, affidato a una madre adottiva di Copenhagen, in attesa del matrimonio dei suoi genitori.

Becoming Astrid
Più che un classico biopic, ci troviamo, qui, di fronte a un fedele ritratto di una società – quella dei primi del Novecento – all’interno della quale essere donna era quanto di più difficile potesse capitare. Astrid Lindgren, dunque, diviene, in Becoming Astrid, una sorta di “eroina”. Una ragazza madre coraggiosa e disposta a tutto pur di vedere felice il suo unico figlio. Persino a schierarsi contro la sua stessa famiglia. A stento sono accennate le sue qualità di narratrice, che la faranno diventare l’Astrid Lindgren che tutti conosciamo e amiamo. Non viene fatto alcun accenno (per fortuna!) alla celeberrima Pippi Calzelunghe, se non all’interno della cornice che, in apertura e chiusura del lungometraggio, vede un’ormai anziana protagonista ricevere lettere di auguri e disegni (raffiguranti, il più delle volte, il noto personaggio) da parte di bambini di tutto il mondo. Non ci viene mostrato il momento in cui la donna ha iniziato a scrivere racconti per bambini, così come lo stesso matrimonio con Sture Lindgren viene menzionato solamente in una didascalia prima dei titoli di coda.

Come lo stesso titolo – Becoming Astrid – sta a suggerire, dunque, ciò a cui assistiamo è il background che ha fatto sì che una scrittrice e un personaggio del calibro di Astrid Lindgren divenisse tale.

La regista, dal canto suo, ha optato per una regia classica con un piglio autoriale quasi del tutto invisibile, grazie al quale, tuttavia, spicca la bravura della giovane Alba August nel ruolo della protagonista, perfettamente in grado di cambiare registro da una scena all’altra in maniera del tutto naturale. Chissà quanta importanza hanno avuto, per quanto riguarda la sua stessa formazione, i suoi celebri genitori – il regista Bille August e l’attrice Pernilla August. Grazie a lei abbiamo potuto entrare in contatto con un’Astrid Lindgren sconosciuta ai più. Grazie a lei, forse, riusciremo ad amare ancora di più questa bizzarra e coraggiosa autrice che tanto ci ha fatto sognare quando eravamo bambini.