Flee è una struggente storia vera che racconta la paura di fuggire da un Paese instabile e il desiderio di sopravvivere. Il film d’animazione diretto da Jonas Poher Rasmussen e prodotto da Vice Media arriva nei cinema il 10 marzo.

Presentato dapprima al Sundance Film Festival nel 2021, dopo aver raccolto grande approvazione di pubblico, Flee è stato candidato anche per i prossimi Oscar 2022 nelle categorie: Miglior film d’animazione, Miglior film internazionale e Miglior documentario.

Amin Nawabi è il nome di fantasia di un protagonista ormai uomo adulto, un professore universitario affermato che vive a Copenaghen, sdraiato di fronte ad una camera che inizia a raccontare la sua odissea: un’esperienza che lo ha profondamente segnato e che non ha mai potuto raccontare – neanche all’uomo che sta per sposare.

Amin torna indietro alla sua infanzia: alla scomparsa del padre e all’arrivo dei mujaheddin che costrinsero lui e la sua famiglia a lasciare l’Afghanistan per fuggire verso l’Europa, con la speranza di una vita migliore in Svezia.
Arrivati in una Mosca pericolosa e corrotta convivono con la paura di essere arrestati, rimanendo chiusi in casa e cercando in tutti i modi di proseguire il loro percorso di salvezza nonostante le truffe e i tentativi andati a vuoto.
L’ultimo tentativo è utilizzare i pochi soldi a disposizione per mandare in Svezia Amin per primo, ma finisce in Danimarca accolto come rifugiato con la possibilità di salvarsi solo se completamente orfano.
La spensieratezza del bambino che ascoltava pop anni ’80 deve lasciare il posto ad una rapida crescita e alla forza di sopravvivere. Con la sua bugia Amin deve conviverci fino all’età adulta, senza poter mai raccontare la sua “vera verità”.

Flee è un film di una grande potenza narrativa: la drammatica avventura si accompagna alla triste dimensione interiore del protagonista, costretto a vivere un profondo conflitto con sé stesso per via della sua omosessualità e per la paura di non essere compreso e accettato in famiglia.

La grande forza di Flee è anche e soprattutto l’animazione!
Una scelta estremamente azzeccata giocata con una grafica bidimensionale, in cui gli elementi più radicati della memoria diventano tratti sfocati di matita, difficili da identificare per il protagonista. Tutto si alterna con filmati reali di repertorio che contestualizzano ancor più ogni momento saliente che viene narrato.
Questa scelta di unire reale e animazione crea una dimensione empatica con lo spettatore che alza il suo livello di attenzione man mano che il film procede.

Non c’è niente di scontato e retorico in Flee fin dall’inizio quando Rasmussen chiede ad Amin quale sia per lui il significato di casa.
È l’io narrante a porre immediatamente lo spettatore all’interno di un flashback che rappresenta la dimensione più soggettiva del ricordo.

Flee riesce, in un modo tutto suo, a raccontare qualcosa di importante senza mai abbassare minimamente il livello. Tutto quello che segue è fondamentale, non c’è niente di superfluo. Ascoltare una storia tanto drammatica lascia il posto a molte riflessioni che trovano posto tra passato, presente e futuro.