Oggi che molti giovani aspirano a diventare critici cinematografici è bene dire qualcosa su questo tipo di professione per il quale si moltiplicano i corsi e i concorsi un po’ dovunque oltre che nelle facoltà dei Dams che li prevedono.
Il critico cinematografico dovrebbe essere un giornalista capace di mediare tra il film visto e il pubblico aiutando quest’ultimo a capire meglio opere a prima vista di ardua comprensione o comunque dovrebbe educarne il gusto estetico per metterlo in guardia contro opere regressive o mistificanti spacciate per film importanti.
Il critico deve possedere una buona conoscenza del linguaggio cinematografico e della storia del cinema e solo se fornito di queste competenze potrà svolgere in modo onesto il suo lavoro e scrivere, munito di taccuino e di penna luminosa, i suoi appunti nel buio della sala per poi sistemarli in forma di recensione e inviarli al giornale per cui lavora. Nel caso dei cosiddetti “quotidianisti” il tempi di consegna sono stretti (per le corrispondenze da festival due-tre ore circa, per le prime in città due giorni di tempo, dal martedì quando hanno luogo le anteprime per la stampa al giovedì quando esse escono nelle sale), ragion per cui occorrono capacità di sintesi e occhio per cogliere subito gli aspetti poetici e originali del film appena visto, oltre a una scrittura accattivante che sappia incuriosire il lettore.
Oggi i critici cinematografici si distinguono in tre categorie. Ci sono i critici accademici, i quotidianisti e i blogger. I primi sono studiosi di cinema che spesso su riviste specializzate tendono a sezionare il film in modo scientifico rendendolo un testo perinde ac cadaver e perciò poco appetibile per il comune spettatore, i secondi sono spesso al servizio degli uffici stampa delle produzioni e sono anche amici di attori e attrici di cui dovrebbero valutare le opere, i terzi sono perlopiù cinefili che hanno le loro fisse personali in base alle quali tutti i film di Clint Eastwood o di Spielberg o di Malick sono capolavori (e non è vero) e che sanno tutto sui film di genere magari di serie B.
Un’altra distinzione trasversale è quella esistente tra i “contenutisti” e i “formalisti”, i primi che giudicano validi solo i film che trattano argomenti sociali importanti, i secondi che premiano soltanto i virtuosismi della regia (scelte entrambe sbagliate perché ignorano lo stretto nesso che esiste in ogni film tra lo stile e il tema). Costoro non capiscono che, ad esempio, La maschera del demonio di Bava è molto migliore come film di Rocco e i suoi fratelli di Visconti oppure che di Coppola vale più Rusty il selvaggio che Il padrino.
Agli aspiranti critici, comunque, non resta che consigliare la lettura delle recensioni di maestri della critica come Giovanni Grazzini, Adelio Ferrero e Fernaldo Di Giammatteo, recensioni acute, illuminanti e di agevole lettura rivelatrici di un grande amore per il cinema unito ad una ampia cultura senza la quale non si può giudicare nessun fenomeno artistico. Senza, però, dimenticare mai che, come diceva Hitchcock, i film non sono pezzi di vita ma sono “pezzi di torta” e che dunque vedere un film deve essere un piacere per gli occhi e un nutrimento per la mente e non una sterile sofferenza per entrambi.
Per diventare dei buoni osservatori, prima ancora che aver studiato qualche libro, serve che siano le stesse scuole a introdurre una certa alfabetizzazione cinematografica.
Ma nei programmi ministeriali manca l’attenzione persino alle cose più vicine al nostro quotidiano, come l’informatica (laddove non è propriamente una materia di indirizzo), quindi figurarsi l’educazione al cinema.
Io, per fortuna, posso dire che ho avuto un corpo docente attento a questa necessità, benché realizzata male dalla teoria alla pratica, ma almeno ricordo ancora adesso le emozioni che provato e i primi film che ho guardato che non fossero i cartoni che vedevo da piccola.
Tutto questo è avvenuto nella prima adolescenza, momento in cui ho si è preda di saghe di vampiri o si può iniziare a conoscere la complessità del mondo attraverso storie ben più robuste e impattanti.
Già solo così si diventa “critici”.