Mio figlio è l’ultima opera di Christian Carion, per questo thriller con atmosfere raggelanti il regista francese si affida totalmente al suo attore feticcio Guillaume Canet che, in soli sei giorni di riprese e senza una vera e propria sceneggiatura, delinea il ritratto di un padre disperato e fuori controllo, disposto a tutto pur di salvare suo figlio.

Julien è un geologo sempre in viaggio per lavoro e la sua assenza costante ha distrutto il matrimonio con Marie. Durante una breve permanenza in Francia riceve la chiamata della sua ex-moglie: loro figlio di sette anni, Mathys, è misteriosamente scomparso durante una gita in montagna.
Julien si reca sul posto e, nonostante la polizia e la moglie gli chiedono di non muoversi da solo, decide di indagare per conto suo e quando le speranze di ritrovare il ragazzo si fanno ufficialmente più vane, la determinazione disperata di Julien aumenta, spingendolo a ricorrere a metodi poco ortodossi. 

In Mio figlio, Carion mette in scena, tra le vette e le valli delle Alpi Francesi, un microcosmo fosco, isolato e desolante, dove di luminoso c’è soltanto il bianco della neve che però non riesce a rischiarare le tetre nebbie della violenza che si cela dietro la scomparsa del ragazzo né tantomeno quelle che coprono i sentimenti di Julien.

Ad una visione superficiale, l’ambientazione risulta il punto di forza del film perché “nuova” rispetto ad altri noir francesi, spesso girati nelle banlieue parigine o in posti tipo il porto di Marsiglia, ma guardando attentamente il film il vero valore aggiunto è da ricercare nell’interpretazione di Guillaume Canet: senza una sceneggiatura “di ferro”, ma con soltanto un canovaccio, l’attore, visto recentemente a Venezia in Double Vies(non-fiction) di Olivier Assayas, si cala perfettamente nei panni di un uomo che sceglie, forse troppo tardi, di diventare padre ed è così disperato e angosciato da ricorrere alla violenza più cruda e crudele pur di ritrovare suo figlio. Il volto di Canet riempie lo schermo dominando l’inquadratura e trasferendo efficacemente i sentimenti di Julien allo spettatore.

Il pathos della vicenda è dovuto quasi tutto a Canet infatti la storia di Mio Figlio procede in maniera schematica e a tratti prevedibile, alcuni snodi sono superficiali e lacunosi, ma non mancano riusciti momenti di tensione e alcune sequenze da brividi. 

Mio figlio è un film con una ambientazione raggelante che procede per segmenti schematici, ma che regala una prova attoriale che raramente si incontra.