Quest’anno anche chi non ama le mondane passerelle festivaliere ha almeno due buone ragioni per recarsi a Venezia in occasione della mostra del cinema edizione 76 in corso di svolgimento.
La prima ragione è la presentazione nel concorso di due film molto attesi come la nuova opera di Polanski J’accuse – L’ufficiale e la spia dedicato allo storico affare Dreyfus riletto in chiave attuale e come il cinecomic Joker nella eccentrica versione girata da Todd Phillips e interpretata da Joaquin Phoenix, oltre a quella di tante altre pellicole firmate da registi importanti tra cui Assayas, Egoyan, Soderbergh, Larrain e gli italiani Martone e Maresco.
La seconda ragione è la rassegna Venezia Classici dove si vedranno sul grande schermo film del passato poco noti in versione restaurata tutti da scoprire o da riscoprire da parte del grande pubblico. Tra questi imperdibile è un vero cult della fantascienza come Radiazione BX: distruzione uomo girato da Jack Arnold nel 1957 tratto da un mitico racconto di Richard Matheson (quello, ricordiamo, dove un uomo per effetto delle radiazioni inizia a rimpiccolirsi finché in casa si trova minacciato da un gatto e da un ragno diventati giganteschi ai suoi occhi di minuscola creatura), come da non perdere sono anche il melodrammatico dai toni lirici Estasi girato nel 1933 dall’ungherese Gustav Machaty e all’epoca proibito in molti paesi (diventato famoso per la scena di panismo erotico in cui l’attrice Hedy Lamarr dopo il bagno nel fiume si aggira nuda nel bosco) e il penultimo film girato nel 1981 dal dimenticato Vittorio Cottafavi Maria Zef ambientato nei boschi della Carnia e in linea con il rigore formale del regista espresso da una preziosa fotografia in bianco e nero (per non parlare di altri titoli da poter rivedere in ottime copie quali Strategia del ragno di Bertolucci, Estasi di un delitto di Bunuel e Francisca di De Oliveira).
Dunque, quest’anno la mostra di Venezia ci offre una buona occasione per mettere a confronto il cinema puro di ieri con quello impuro di oggi per vedere quanto la memoria del primo persista nel secondo non soltanto nelle opere autoriali ma anche in quelle di genere a dispetto del diverso modo di realizzazione e di fruizione dei film.
E da questo confronto potremmo capire che nel vecchio cinema c’era già tutto e che ad esso quello nuovo ritorna sempre attualizzandone il corpo e l’anima.
Forse da questa edizione del festival uscirà il capolavoro oppure no, ma resta il fatto che tener viva la continuità tra il cinema di ieri e quello di oggi (tra il classico del muto L’uomo che ride di Paul Leni e l’odierno Joker di Phillips,per capirci) è un merito non secondario di una mostra che guarda da sempre più all’arte che al mercato.