Risulta senz’altro particolare dover recensire un film della leggendaria saga di Resident Evil e non citare più Milla Jovovich che all’inizio del XXI secolo, si era trovata protagonista e volto della saga cinematografica. Da quel 2002, Resident Evil, tra i più spaventosi e famosi videogiochi di sempre, è stato trasposto diverse volte su grande schermo, purtroppo con una crescente ripetitività e sterilità di idee che hanno reso l’opera originaria del regista Paul W. S. Anderson sempre più stantia e trash.
I disastrosi ultimi capitoli, in particolare quello del 2012 e Final Chapter del 2016, ha spinto la CapCom a scommettere su un reboot: Resident Evil: Welcome to Racoon City.
Il film diretto da Johannes Roberts andrebbe considerato come il primo capitolo, ma anche come la rinascita della saga videoludica horror zombie. Johannes Roberts ci ha provato, almeno nelle intenzioni, cercando di rimanere fedele al gioco originale.

Il cast, che comprende Kaya Scodelario, Hannah John-Kamen, Robbie Amell, Tom Hopper, Avan Jogia, Donal Logue, Neal McDonough e Lily Gao, attraversa una notte tempestosa e buia, che oscura la città di Racoon City, quasi deserta, a parte i pochi poliziotti rimasti a garantire l’ordine.
L’Umbrella Corporation ha sempre usato quella città come una sorta di gigantesco laboratorio con cui sperimentare le peggiori nefandezze, restando totalmente nell’ombra e portando gli abitanti a pensare che l’azienda è l’unico mezzo che garantisce la sopravvivenza economica a tutta la città.
Tuttavia, l’insorgere di un’epidemia a dir poco terrificante, costringerà i vari personaggi ad aprire gli occhi sul colosso industriale e ad unire le forze per cercare di sopravvivere all’orrore che li assale dovuto ai mostri che si aggirano nella piovosa Racoon City.
Resident Evil: Welcome to Racoon City è un prodotto confezionato per coloro che nel 1996 erano adolescenti e scoprivano questo survival game che garantiva spavento, adrenalina, e soprattutto una marea di sangue ed ammazzamenti in prima persona.

L’operazione nostalgia però è riuscita a metà: Roberts da un lato si ispira ai grandi classici dello Zombie-movie, in particolare la saga di Romero, dall’altra tradisce l’ironia cinica e anarchica di quei film prendendosi troppo sul serio.
L’incipit di Resident Evil: Welcome to Racoon City è incredibilmente lento e meditabondo, troppo vanesio, insegue una qualità stilistica quasi di maniera che poco si sposa col genere.
Resident Evi: Welcome to Racoon City, nonostante la base di partenza fosse florida di idee da cui attingere, si accontenta di effetti speciali e qualche battuta ad effetto. I personaggi non si sviluppano adeguatamente e respingo lo spettatore relegandolo nella dimensione della noia.
Il look anni ’90 che aspira ad avere il film è troppo posticcio perché si affida sostanzialmente a qualche pezzo musicale e non raccoglie la sfida di riproporre l’atmosfera degli ultimi dieci anni del ‘900 dove la sottocultura giovanile era sicuramente molto più sfaccettata e complessa.