Suburra è il secondo film di Stefano Sollima e arriva dopo i clamorosi successi delle serie tv Gomorra e Romanzo Criminale.
La pellicola è tratta dall’omonima opera letteraria di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, ma i due sceneggiatori (Rulli e Petraglia) non riescono a prendere dal romanzo l’atmosfera più cruda, squallida e decadente di Roma realizzando una trasposizione scadente, sempre scontata, con parti davvero poco credibili.
Suburra mostra una settimana convulsa della città di Roma, nella quale i poteri, spirituale, temporale e criminale, vengono sconvolti; tutta la gerarchia della malavita laziale si muove mentre il Vaticano è agitato da un Papa dimissionario, e il Parlamento, vicino al crollo del governo Berlusconi, decide per un sì o un no a leggi che facilitano illeciti e mafie.
L’intento di Sollima e degli sceneggiatori era quello di mostrare come la “Suburra” dalla periferia è arrivata fino al centro dell’impero e ne ha conquistato il cuore insinuando in esso un tremendo virus criminale al quale non c’è cura, questo intento però rimane tale: Suburra non scandalizza, non graffia e a tratti annoia.
È evidente fin da subito che la cosa peggiore del film è la sceneggiatura troppo semplice e poco ragionata. Rulli e Petraglia non osano mai e, come sono soliti fare, scrivono di cose politicamente scomode, ma lo fanno nella maniera più policamente corretta ed educata possibile, rimangono sempre sul vago e non approfondiscono nessuna situazione o vicenda.
Il cast è svogliato e recita cercando una spasmodica spettacolarizzazione della frase ad effetto, cadendo regolarmente nel finto. I vari Favino, Germano, Amendola, Borghi danno vita a personaggi piatti, senza spessore e poco caratterizzati, già visti milioni di volte al cinema e in TV, le battute sono banali e non restano mai nello spettatore, che si aspettava frasi da far diventare virali.
Anche se la sceneggiatura ha pesanti lacune con molti snodi solo abbozzati, e gli attori non si impegnano a dovere, Sollima, regista preciso, elegante e piacevole, coadiuvato dalla sontuosa, seppur troppo presente fotografia di Paolo Carnera, cerca di far funzionare il film inserendo molte sequenze gradevoli, ma nonostante i tentavi non riesce a produrre cinema alto perché si scontra con sequenze dal simbolismo scontato (vedi il politico che urina dal balcone).
L’esempio di come una buona regia non basta è senza dubbio la sequenza della sparatoria al centro commerciale: bellissima l’inquadratura sulle scale mobili, anche se non genuina, e i movimenti di macchina tra le corsie del supermercato, ma l’efficacia della scena si perde in un caos senza senso e in un finale di scena ingiustificato e troppo casuale.
Stefano Sollima si è affermato grazie al piccolo schermo, è un grande artigiano della televisione, probabilmente l’unico in circolazione che cerca di fare arte con questo supporto, ma non riesce a fare il salto al cinema, deludente Suburra come lo era stato anche A.C.A.B.
Suburra sarà la prima serie TV prodotta da Netflix in Italia.
Questi due ultimi elementi rappresentano la zavorra che non fa decollare il film, più adatto forse ad un elettrodomestico che alla sala, troppe carenze tecniche e artistiche e viene da pensare che il tutto è servito solo a lanciare la imminente serie.
Noi spettatori, a causa di un’imponente campagna pubblicitaria trasversale che ha coinvolto tutti i media, abbiamo pagato un biglietto del cinema per vedere il pilot di una serie TV.