Raccontando il passato è diventato un grande cantore dei nostri tempi, il documentarista ucraino Sergei Loznitsa. Già, perché, di fatto, solito effettuare, ogni volta, un minuzioso lavoro d’archivio, il cineasta vuole innanzitutto mostrarci come la storia tenda a ripetersi e come la memoria sembri – ahimé – non svolgere più alcun ruolo nella società odierna.
Nel realizzare, dunque, The Kiev Trial – presentato in anteprima mondiale fuori concorso alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia – possiamo vedere, ad esempio, cosa è accaduto ad alcuni criminali nazisti immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e quali atrocità essi hanno compiuto proprio in Ucraina contro ogni dissidente.
Gennaio 1946. Ci troviamo a Kiev, nell’aula di un tribunale. Quindici ufficiali nazisti stanno per essere processati. Una dopo l’altra, le loro testimonianze. Poi, ancora, le testimonianze di chi è riuscito a sopravvivere ai campi di concentramento di Auschwitz e Babi Yar. Il dolore delle vittime è vivo e pulsante, la freddezza di chi – dichiarandosi colpevole – descrive nel dettaglio tutte le brutture precedentemente compiute è la prima cosa che salta all’occhio.
Durante la realizzazione di The Kiev Trial, Loznitsa ha attinto a piene mani da numerosi filmati riguardanti il famoso Processo di Kiev (noto anche come “la Norimberga di Kiev”), facendo in modo, attraverso un raffinato lavoro di montaggio, che lo spettatore stesso abbia la sensazione di trovarsi proprio in quell’aula del tribunale. La parola, dunque, viene lasciata unicamente ai protagonisti del processo stesso, le cui figure vengono talvolta messe in risalto da uno sfondo scuro.
La storia arriva così com’è, nuda e cruda e senza filtro o didascalia alcuna. Interessante notare, a tal proposito, come in questa particolare occasione il regista abbia totalmente rinunciato a ogni qualsivoglia commento musicale, che nei suoi precedenti lavori ha sempre svolto un ruolo a dir poco centrale. Ciò che accade nel tribunale deve essere mostrato nel modo più realistico possibile. Nulla, ma proprio nulla, deve “distrarre” lo spettatore. La potenza delle immagini viene fuori con tutta la sua forza.
Sergei Loznitsa ha effettuato, dunque, un’operazione simile a quanto era avvenuto nel 2018 per The Trial (anch’esso presentato fuori concorso al Lido), in cui ci veniva mostrato un processo contro un gruppo di economisti e ingegneri accusati di aver organizzato un colpo di stato contro l’Unione Sovietica, che ha avuto luogo a Mosca nel 1930.
In The Kiev Trial, tuttavia, non si rimane esclusivamente nell’aula del suddetto tribunale. E un ulteriore scossone emotivo ci viene inferto proprio a ridosso del finale, quando per i suddetti criminali è giunto il momento di pagare i conti.
The Kiev Trial è stato realizzato nella primavera del 2021, ossia prima dello scoppio della guerra in Ucraina, quando Loznitsa stava lavorando a un altro documentario su Babi Yar. Quello che in passato hanno fatto i tedeschi, adesso lo fanno i russi. La storia, ancora una volta, si ripete tristemente. La memoria storica non esiste più. E anche in questo suo ultimo documentario, il regista ha reso il passato più attuale che mai, in un riuscito crescendo di violenza, rabbia e dolore.