Warning di Agata Alexander, presentato nell’edizione 2021 delTrieste Science + Fiction Festival, rappresenta la sorprendente e piacevole novità nel genere Sci-fi perchè capace di amalgamare creatività, originalità e topoi propri del genere.
Scritto a sei mani dalla Alexander, da Jason Kaye e da Rob Michaelson, Warning ci teletrasporta in un futuro non così distante dai nostri giorni, in cui la tecnocrazia ed il classismo insito nel capitalismo hanno prodotto una società alienata e senza alcun freno inibitorio.
Strutturato a più “episodi” interconnessi, l’iter narrativo ci mostra le storie di tantissimi personaggi diversi. Il tecnico riparatore spaziale David (Thomas Jane) mentre ripara un satellite, a causa di una tempesta magnetica, si trova perso nello spazio e fluttua sempre più lontano dalla Terra dove sua figlia, che non ha mai conosciuto, vive accanto all’eccentrica e repressa Claire (Alice Eve) che affida le proprie giornate ad una app religiosa. Intanto il giovane Vincent (Benedict Samuel), costretto in schiavitù, promette a Claire di farle rivivere la sua storia con Anna (Kilye Bunbury).
L’essere schiavo interessa anche la giovane prostituta Magda (Garance Marillier), così come l’ormai dimenticato maggiordomo androide Charlie (Rupert Everett), mentre Nina (Annabelle Wallis) viene osteggiata dalla ricca famiglia del suo fidanzato Liam (Alex Pettyfer), composta da ricchi immortali.
Warning è, come suggerisce il titolo, un campanello d’allarme, un’ironica e sovente grottesca istantanea da un futuro che ci inquieta perché verosimile, nel modo in cui descrive la società, sempre più alienata, consumistica, ma soprattutto composta da individui spezzati e senza speranza.
David, naufrago senza possibilità di salvezza tra le stelle, è in fondo il simbolo di un’umanità che in virtù della tecnologia, ha dimenticato la Terra, la materialità, inseguendo una falsa religione tecnica.
La perversione e il sesso agognato e non consumato, se non in maniera virtuale, slegato dalla componente empatica è un elemento, al pari della spiritualità, sul quale si impernia l’asse del film.
La religione è un app, è mezzo di controllo marxiano soggetto ad upgrade aggressivo, mentre intanto si consuma il dramma di come la tecnologia sia un’arma a doppio taglio: da un lato il progresso dall’altro ancora fatta di ricordi digitali che non permettono di eleborare in maniera sana i ricordi.
Eppure, nonostante tutto, si ride in Warning. Una risata cinica che si sposa a perfezione con l’anima da B-movie e nasconde le velleità artistiche della Alexander.
La regia dell’esordiente Agata Alexander vive di cromatismi, sa suggerire senza mostrare troppo, sa soprattutto come non lasciarsi prendere la mano e restare essenziale e funzionale alla narrazione.
Guardando Warning e la disperata umanità, lasciata isolatada una tempesta magnetica, viene da pensare ai numerosi e frequenti blackout a cui i social ci hanno ultimamente abituati.
E se fossero avvisi di un’entità superiore? Se fossero moniti che ci mettono in guardia da un’imminente apocalisse (quella ambientale nel nostro caso) o dalla necessità di tornare a guardarci dall’alto per comprendere quanto siamo insignificanti rispetto al resto del creato?
Abbiamo messo il mondo in uno smartphone, chiuso nelle app, nella realtà virtuale e identità digitale.
Warning suggerisce di rimbalzo, tra una risata e un dramma, la possibilità che siamo il centro dell’universo, forse siamo un app di Dio o forse non abbiamo capito nulla dopo tutta la nostra Storia. Secondo la Alexander siamo solo piccoli esseri patetici e disperati, che ripetono lo stesso errore gioiosamente, capaci di ravvedersi solo ad un passo dal tracollo, dall’Apocalisse.