A 20 anni dalla scomparsa di Billy Wilder, avvenuta il 27 marzo del 2002, non possiamo non parlare di quella che è da molti considerata ad oggi la miglior commedia della storia del cinema. A qualcuno piace caldo, il capolavoro di Wilder datato 1959, è un intramontabile cult del genere.

Pellicola dallo stile singolare, ha incontrato tuttavia il biasimo di alcuni illustri cineasti dell’epoca come, per citarne uno, Pier Paolo Pasolini, il quale lo additò come film “approssimativo e deprimente”.

Inutile ricordare come la maggioranza della comunità cinefila abbia avuto un’opinione differente a riguardo negli anni, fatto che ci porta al medesimo approfondimento. Inserito nel 1998 dall’American Film Institute nella lista dei “miglior cento film statunitensi”, racconta una storia tanto bizzarra ed esilarante da diventare la perla iconica che è ad oggi.

Siamo a Chicago, 1929. Gli uomini di Al Capone uccidono sei gangster rivali nella rinomata strage di San Valentino. Due musicisti jazz, per uno sciagurato scherzo del destino, si ritrovano ad essere testimoni involontari del crimine. A questo punto i due decidono, per far perdere le loro tracce, di travestirsi da donne ed accettare un contratto per una tournée di tre settimane in Florida con un’orchestra femminile.

Ecco che quindi la sassofonista Josephine (alias Joe, Tony Curtis) e la contrabbassista Daphne (alias Jerry, Jack Lemmon) si uniscono alle nuove colleghe, tra cui troviamo Zucchero (Marilyn Monroe), suonatrice d’ukulele, in fuga da relazione amorose fallimentari e alla ricerca del principe azzurro.

Date le premesse, è chiaro come la potenza di A qualcuno piace caldo sia fondata molto sull’equivoco. Trattasi di una farsa strepitosa con molto punch, ritmo infallibile, odore di sensualità e di morte. Qui troviamo, come anticipato prima, una Marilyn Monroe deliziosa come non mai in quella che è, con buone probabilità, la sua miglior interpretazione sul grande schermo.

La sceneggiatura, come tutte quelle di Wilder, è contraddistinto da uno spazio scrupoloso dedicato ai dialoghi, con battute che rimangono impresse nello spettatore prima, e nell’immaginario collettivo poi.

Ricorrente nel cinema del regista, il travestimento diventa qui l’asse portante dell’azione, contribuendo al suo lavoro di ribaltamento degli stereotipi sessuali e mostrando come, contro quanto si possa pensare, l’abito fa il monaco.

È un film con un’aura magica attorno a sé, anche per la travagliata vita produttiva alle spalle. Il soggetto originale fu inizialmente concepito privo della tematica gangster e scritto per una produzione tedesca.

Fu lo stesso Wilder a rimaneggiarlo, aggiungendovi cliché tipici della commedia americana e citazione prese dai gangster movie dell’epoca. Sul set inoltre hanno fatto storia i pessimi rapporti tra il regista ed una smemorata Marilyn Monroe, capace di costringere la crew a girare per ben 47 volte la stessa scena.

Al netto di tutto ciò, A qualcuno piace caldo è un esempio di sagacia cinematografica dall’inizio alla fine. La battuta finale «Well, nobody’s perfect» è stata inserita nel 2005 nella lista delle migliori cento battute del cinema statunitense, a dimostrazione dell’incredibile fattura della penna dietro questo capolavoro senza tempo.