Uno degli oggetti con funzione di segno che ricorre con maggiore frequenza nel cinema dell’orrore è la porta. Aperta o socchiusa, nel momento di chiudersi o in quello di aprirsi, possiamo dire con Charles Grivel che “non esiste una porta che non sia fantastica”. Il ruolo della porta è quello di mettere in comunicazione il noto con l’ignoto, la dimensione quotidiana con quella soprannaturale. La porta è la soglia oltre la quale tutto può accadere e dalla quale può entrare l’elemento perturbante capace di cambiare in un attimo la nostra vita. Questa è la funzione che riveste la porta della camera del castello dove riposa Hutter in Nosferatu di Murnau, una porta-personaggio che fa tutt’uno con il vampiro ed è una sua emanazione nel suo apparire come una porta dotata di vita propria. Essa con l’aprirsi e il chiudersi in maniera animata preannuncia le entrate e le uscite dell’insidioso conte nella sua veste di vampiro. E poi in seguito nel cinema in quanti altri film il mistero sta lì dietro una porta chiusa dalla cui fessura inferiore trapela la presenza di una minaccia fisica o psicologica incombente? Non a caso uno dei noir più ricchi di tensione di Fritz Lang si intitola appunto Dietro la porta chiusa e, sempre non a caso, anche il film capostipite del new horror anni ’70 si intitola Non aprite quella porta. Voci indistinte, bisbigli, risatine e sospiri provengono da dietro le tante porte presenti nel castello dove si aggira Eleonor in Gli invasati di Wise, titolo memorabile del filone delle haunting houses. In molti film a tema demoniaco le case maledette si trovano edificate su una delle porte dell’Inferno, come nel caso della sala cinematografica invasa da orde di zombi in Demoni di Lamberto Bava.

Spesso è proprio una porta il fulcro di tutta l’azione, una porta dalla quale emanano forze malefiche e che attrae al l’interno in maniera irresistibile gli ospiti della casa, cosa che fa la stanza numero 237 dell’Overlook Hotel in Shining di Kubrick.La donna che visse due volteUn’altra  porta malefica è quella della stanza 1408 di un albergo infestato nel pieno centro di New York dove il protagonista di 1408 di Slade si ostina a voler soggiornare nonostante i tentativi di dissuaderli compiuti dal direttore: una volta entrato nella stanza l’uomo si trova al centro di una apocalisse spazio-temporale durante la quale gli vengono incontro tutti i suoi fantasmi presenti passati e futuri evocati dalla sua cattiva coscienza di padre assente e di marito insensibile. Nel cinema fantastico oltre la porta c’è il paese dei fantasmi e infatti è dalla porta del bagno che si materializza avvolta da un alone verde la “resuscitata” Madeleine agli occhi del trepidante Scott in La donna che visse due volte di Hitchcock. Lo schermo del cinema è la porta ambivalente che si apre sull’inconscio di tutti noi per farne uscire i sogni più belli o gli incubi più brutti.

Angelo Moscariello