Quando si parla di Nanni Moretti, di chi si sta parlando, esattamente? Di uno dei registi più iconici e rappresentativi del cinema italiano degli ultimi decenni? Sicuramente, ma non solo.

Nanni Moretti è nel racconto del nostro paese, nella storia politica della nostra Repubblica, nelle citazioni ormai di uso comune, nel nostro costume, nella nostra identità socioculturale.
Il regista romano ha saputo esplorare e mettere in scena le molteplici sfaccettature della nostra società, con stile irriverente e dissacrante, raccontando la giostra della vita come pochi altri sono stati in grado di fare, ma nessuno finora come lui.

Racchiudere la sua visione geniale e peculiare del mondo, fermandosi a soli tre film, è un’impresa quantomai ardua. Tuttavia, chi siamo noi per esimerci da tale compito? Vi proponiamo, quindi, tre delle sue pellicole più iconiche, non necessariamente le “migliori”, ma le più rappresentative del suo percorso artistico, multiforme e spalmato in più decadi.

Attraverso questi tre titoli, cercheremo di comprendere l’approccio che Moretti ha adottato per interfacciarsi a tematiche più rilevanti legate alla società italiana, trasmettendo così messaggi che ancora risuonano in modo attuale.

Caro diario

Partiamo da Caro Diario. Il film, del 1993, simboleggia quasi un’autobiografia del regista che, attraverso un viaggio “on the road” sulla sua Vespa, ci conduce alla scoperta di sé stesso e del mondo che lo circonda.

La storia, suddivisa in tre episodi, si concentra su vari aspetti della vita del cineasta: la passione per le isole Eolie, la lotta contro la malattia e la ricerca di un cinema nuovo e alternativo, girovagando in una Roma semideserta.

Con ironia, disincanto e un profondo senso di umanità, Moretti ci accompagna in questa esplorazione del suo essere, in un ritratto intimo di una personalità brillante e vulnerabile.

La stanza del figlio

Con La stanza del figlio, uscito nel 2001, Nanni Moretti esplora forse uno dei temi più dolorosi della vita: la morte di un figlio.

Il film segue la storia di un padre psicoanalista, interpretato dallo stesso regista, che cerca di superare il lutto per la morte del figlio avvenuta in un incidente in mare. Una scossa di dolore che mette alla prova anche gli affetti più saldi, in un contesto di legami familiari attraversati dalle luci e dalle ombre di un’intera vita vissuta insieme.

Attraverso la sua più intima disperazione, Moretti ci conduce alla scoperta dei meccanismi della sofferenza e della perdita, regalandoci un ritratto commovente del momento più basso immaginabile di vita familiare.

Habemus papam

Terzo e ultimo film in analisi, Habemus Papam è la pellicola con cui, nel 2011, il regista romano ribaltò l’opinione pubblica.

In questo racconto fresco e pungente, Moretti mette in scena una geniale parabola, divertente e surreale, sulla scelta del nuovo Papa. Nello specifico, la storia segue il racconto di un cardinale, eletto come nuovo Papa in Conclave, a seguito della morte del Santo Padre. L’eletto, tuttavia, è preda di dubbi e ansia, timoroso di non essere all’altezza del compito a lui affidatogli.

Il Vaticano quindi, per ovviare alla problematica, assume uno psicanalista che lo assista, aiutandolo a superare il suo blocco mentale. Una straordinaria parentesi cinematografica sulla sensibilità, con un ritratto umile e toccante di una delle figure più influenti della storia del cristianesimo.