Lui è tornato e Sono tornato avevano riportato in vita, almeno sullo schermo, rispettivamente i dittatori Hitler e Mussolini, ora per le rentrée clamorose è il turno, non di Mao, non di Stalin, ma di Gesù Cristo; infatti Oh mio Dio del regista sardo Giorgio Amato è incentrato sulla riapparizione di Gesù nella Roma di oggi.
I tempi rispetto alla prima venuta sono cambiati drasticamente e quindi il Cristo assolda, per lasciare una testimonianza del suo passaggio terreno, due cameraman che lo seguono costantemente. Dal treno fino a via dei Condotti, da una miracolosa camminata sul Tevere fino alla resurrezione di un moderno Lazzaro, Cristo passeggia per Roma e dispensa miracoli a destra e sinistra, rimproverando l’umanità di aver disatteso il suo insegnamento più importante: “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”. Nel suo ritorno il figlio dell’uomo radunerà nuovi apostoli, incontrerà un’aspirante ballerina di nome Maddalena e rinforzerà il legame con sua madre Maria.
Oh mio Dio si presenta come un mockumentary che mescola finzione a candid camera, come di recente abbiamo visto in Lui è tornato e nel rifacimento italiano Sono tornato, ma a differenza dei film di Luca Miniero e di David Wnendt, questa ibridazione non sempre riesce e spiazza lo spettatore con una cifra stilistica incoerente.
Oh mio Dio nelle prime scene sembra voler usare un tono satirico e goliardico, ma nel corso della visione cambia e si perde tra i dogmi della religione cattolica, abbandonandosi anche a sequenze moralmente anacronistiche come quella in cui un medico viene bacchettato e umiliato dal Cristo perché sta facendo un aborto su una degente o come quella dell’esorcismo dove una paziente psichiatrica guarisce grazie al potere di Dio. Invece rimane attualissimo il finale dove Gesù è abbandonato da tutti e, anche se non viene crocifisso, subisce la tortura di una società egoista e interessata esclusivamente ad inseguire un effimero benessere personale.
Il cinema, nel corso della sua storia, è rimasto sempre affascinato dai temi religiosi, basta pensare alla sofferente Giovanna D’Arco di Carl Theodor Dreyer (La passion de Jeanne d’Arc, 1928) o, facendo un salto di quasi un secolo, allo splatteroso Cristo di Mel Gibson (The Passion of the Christ, 2004) e non sono mancate rivisitazioni in chiave moderna dei vangeli o della bibbia: l’esempio più rilevante, inquisito come vilipendio alla religione, è il capolavoro di Jean-Luc GodardJe vous salue Marie del 1984, o l’estremo Jesus Christ Vampire hunter(2001) made in Trama, Oh mio Dio entra in punta di piedi in questo filone e grazie ad un finale più politico che religioso si dimostra un film italiano originale per bizzarria e piacevole.
Se in passato quindi una santissima Maria ci faceva gridare al miracolo ripassando con il rossetto rosso le labbra, la Maria di Amato si limita a tornare, con le guance rigate dalle lacrime, nel posto dove Gesù è morto di stenti, come a sottolineare il timore verso l’istituzione ecclesiastica e l’incapacità di osare e di essere politicamente scorretti, ma non per forza un nuovo Cristo deve andare sullo skateboard o combattere i vampiri!