Nell’atmosfera soffusa tipica del noir si inserisce uno dei film certamente più suggestivi di Alexander Mackendrick, anche se l’espressione “noir” sembra giustificare più che altro l’evidente caratterizzazione di personaggi dai tratti poco smussati, cinici, aspri, cupi, egoisti e prevaricatori che hanno per coefficiente comune l’effetto di destabilizzare lo spettatore, portandolo in una sorta di camera oscura ricolma di crudeltà e senza un’apparente e limpida via di uscita. Le loro sagome si muovono come pedine rigidamente avulse nel loro spessore psicologico, in un labirinto tortuoso di misfatti.

Sesta pellicola per un Mackendrick che spazia dalla commedia al noir, raccogliendo le tinte fosche e farsesche de “La signora omicidi” dove commedia e drammaticità si intersecano a tratti per poi procedere disparate su binari paralleli, “Piombo Rovente” è una delle rappresentazioni più irriverenti sulla violenza d’impatto del mezzo stampa.

La scelta di prendere a bersaglio proprio la classe dei giornalisti che hanno potenti armi per distruggere coloro che “devono” essere distrutti per fini amorali, dettati dall’alto, da una becera gerarchia di potenti più deboli e insicuri delle loro vittime che vede nel possesso materiale e nel controllo la sua unica soddisfazione, poteva sembrare a tratti una nostalgica rivisitazione del “Citizen Kane” di Welles. Il protagonista infatti, il signor Hunsecker, interpretato da un insolito Burt Lancaster, produttore dello stesso film, ha una presenza fortemente controllata a livello emotivo, a tratti statuaria; è il ritratto di una monumentale crudeltà con la quale controlla e muove i fili della bramosia di potere di cui anch’esso fa parte e che lo porterà a perdere l’unico affetto caro. J.J. Hunsecker è un uomo fondamentalmente solo che nasconde malefatte e desideri egoistici di insana possessione, diffamando e umiliando in terza persona un povero musicista colpevole soltanto di nobili sentimenti verso sua sorella Sally (Jeff Donnell), ridotta anch’essa ad una pedina controllata in tutto, anche nei sentimenti; in sostanza un debole, che, sebbene la sua autorità, nell’intento di mettere in atto i suoi deplorevoli piani decide di affidare l’incarico di impedire il matrimonio della sorella ad un rapace agente pubblicitario Sidney Falco (Tony Curtis), che di rapace non ha solo il nome ma anche l’artiglio esecutivo del male.

Sidney Falco è l’ambizione e l’avidità fatta a persona, pronto a schiacciare ogni ostacolo e a mentire per seguire il suo obiettivo; senza dubbio una delle interpretazioni più congeniali a Tony Curtis che ci restituisce uno dei ritratti più meschini e arrivisti del ciclo cinematografico del giornalismo americano.

Un’accoppiata vincente quella dei due attori, il braccio e la mente di un’incontrastata casta che controlla, fa e disfa tutto a suo piacimento, travolgendo affetti e distruggendo carriere senza scrupoli.

La sceneggiatura di questo film che ebbe due colossi del calibro di Ernest Lehman (sceneggiatore di “Intrigo internazionale”, “Sabrina” e “West Side Story”) e Clifford Odets (autore de “La ragazza di campagna” che valse un Oscar a Grace Kelly) fu senza dubbio una delle sue carte vincenti; con la musica di Elmer Bernstein e i crudi contrasti nella fotografia di Wong Howe si dipingono con realismo verità velate da incertezze psicologiche, creando nello spettatore una sorta di inquietudine esistenziale scaturita da una latente insensibilità visiva che si ripercuote nell’umiliazione profonda e nella messa a nudo della fragilità dell’individuo.

“…lo straordinario “Piombo Rovente” è uno spietato trattato sulla corruzione morale e materiale del mondo del giornalismo americano” (Gianni Canova).

La critica sostenne l’importanza del titolo originale “Sweet Smell of Success”, il dolce profumo del successo, motrice indiscussa sia per l’agente Falco che prende avidamente la strada “dei soldi facili” che per il talentuoso musicista Steve Dallas (Martin Milner) che, ad un passo dalla gloria, è costretto a rinunciarci per l’infimo volere di un deus ex machina, schiacciato da una smaccata viltà e destinato anch’esso a soccombere.

 

                                                                                                                               Angela Labalestra