Un uomo si risveglia in una vasca da bagno, quasi affoga nell’acqua dove è immerso. La luce si accende e lo libera dell’oscurità, ma rivela anche la natura del luogo in cui si trova: un lurido e diroccato bagno, abbandonato da chissà quanto.
Dall’altra parte della stanza, un altro uomo, anch’egli sperduto e confuso. Tra i due, un cadavere con la testa avvolta da uno straccio, un revolver nella mano sinistra e un registratore nella destra.
Entrambi gli uomini sono legati con una catena.
Chi sono? Perché si ritrovano in quella stanza? Di chi sono prigionieri?

L’inizio di Saw -L’Enigmista, che lanciò la carriera del talentuoso James Wan, è ormai diventato iconico così come il villain da cui il film prende il titolo: Jigsaw, nom d’art di Jonathan Kramer, armato dello sguardo spento e freddo di Tobin Bell, un’intera carriera passata a fare il cattivo, ma mai esplosa del tutto, almeno fino a quel 2004, quando Jigsaw lo proiettò in una dimensione riservata a pochi altri personaggi del genere horror.

L’horror (ancora oggi il genere più connesso ai B-Movie e quello che ha lanciato più carriere cinematografiche in assoluto), negli anni 2000, stava sostanzialmente girando in tondo: remake, reboot, sequel e variazioni poco ispirate; sembrava non esserci alcuna speranza di vedere un altro villain convincente e nuovo di zecca, che non scimmiottasse il già visto e già sentito e che fosse all’altezza dei vari Freddy Kruger, Michael Myers e Jason Voorhees.
Nel 2004 arrivò Saw.

Costato appena 1,2 milioni di dollari, Saw, nelle intenzioni di Wan e dello sceneggiatore Leigh Whannell, si rifaceva ad una dimensione horror soprattutto psicologica più che visiva. La coppia di autori fece di necessità virtù e superò lo scarso budget a disposizione ispirandosi a piccoli fenomeni low-budget come The Blair Witch Project di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez (1999) e π – Il teorema del delirio di Darren Aronofsky (1998).
Le fulminee riprese durarono circa tre settimane e coinvolsero un cast di “caratteristi” noto al pubblico e avvezzo a progetti non mainstream come Cary Elwes, Danny Glover, Ken Leung, Michael Emerson e Dina Meyer.

Ancora oggi, Saw – L’enigmista stupisce per la capacità di colpire direttamente allo stomaco lo spettatore e coinvolgerlo nella vicenda. Con gli anni (e altri lavori horror) James Wan ha dimostrato inoltre che le imperfezioni dal punto di vista estetico e l’overacting quasi costante erano solo frutto dell’immaturità di un regista all’esordio.

Saw riuscì in modo perfetto a coniugare un intreccio sfaccettato e assolutamente distante dai cliché del genere, con una cura per i personaggi quasi maniacale in cui il non detto era presente dall’inizio e veniva svelato poco a poco con piccoli dettagli e indizi.

Abbandonata la struttura narrativa piramidale e semplice degli horror del periodo, Wan e Whannell si discostarono nettamente dai personaggi monocromatici dell’horror e portarono sullo schermo Jigsaw, un cattivo con una psicologia complessa e con deliri di megalomania (in pratica si erge a giudice nei confronti di un’umanità corrotta, avida, vile e inconcludente) che sceglie vittime che hanno tanto da farsi perdonare e forse meritano quel destino.

Wan, da conoscitore del genere, diresse un film ricco di simbolismi e con una teatralità assolutamente voluta e metaforica: una sorta di doppio specchio che distorce la realtà e maschera il confine tra bene e male. Nulla è ciò che sembra in questo mondo, le apparenze su cui basiamo le nostre vite e le nostre non decisioni vengono qui messe sotto accusa in tutta la loro desolante realtà. L’universo di Saw mette in scena uno dopo l’altro dilemmi estremi, ma plausibili, in cui il filo conduttore è la sopravvivenza, la ritrovata volontà di vivere che supera l’apatia, il distacco da se stessi e dagli altri che la società moderna incoraggia e genera.

Saw rimane senza alcun dubbio uno dei migliori film del genere degli anni 2000, capace di aprire le porte ad una saga che, al netto della tipica mania americana di esagerare e strizzare ogni prodotto fino all’esaurimento, ha saputo farci riflettere sulla nostra esistenza moderna, fatta di violenza ed egoismo e di indifferenza verso il dolore altrui.
Nei prossimi mesi uscirà un nuovo capitolo della saga a dimostrazione che 17 anni di distanza, Jigsaw è ancora capace di mutilare e terrorizzare.