Vulnerabili (titolo originale Espèces menacées) è un racconto di vite infelici che s’incontrano, quasi per caso, grazie all’abile mano del regista francese Gilles Bourdos (Restless, Disparus) che si ispira liberamente al lavoro dell’autore Richard Bausch regalandoci una pellicola insieme forte e fragile. In concorso nella Sezione Orizzonti della 74esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, il film del 2017 è ora nelle sale cinematografiche, in Italia dal 9 luglio 2020.

Vulnerabili di Gilles Bourdos: trama del film

Sullo sfondo di un’invernale Costa Azzurra, tre storie dolorose s’incontrano, dando vita ad un turbine di emozioni che accomunano personaggi apparentemente lontanissimi. Una coppia di giovani sposi, Josephine e Tomas (interpretati da Alice Isaaz e Vincent Rottiers), apre la narrazione, con l’irriverenza e il rumore tipico di quegli anni, dandoci una boccata d’aria e spensieratezza che verrà presto abbandonata per un’estenuante rincorsa di una felicità quasi impossibile.

La visione di Vulnerabili, infatti, poi ci tiene col fiato sospeso, introducendo l’attualissimo dramma della violenza domestica che travolge la giovane coppia cristallizzando quella felice immagine d’apertura che fa da trampolino per un crescendo di emozioni. L’incubo di Josephine trascina inevitabilmente sulla scena l’immenso dolore dei suoi genitori, soprattutto di un padre impotente che si spingerà all’estremo per salvare sua figlia ormai intrappolata in una vita che non lascia scampo. Grazie ad un abile incastro cinematografico, accanto ai due ragazzi vive Vincent (Eric Elmosnino) un uomo che vede vacillare il suo ruolo di padre e marito e fatica ad accettare il matrimonio della giovane figlia con un ben più anziano professore universitario.

Sarà proprio Anthony (Damien Chapelle), alunno di questo professore l’ultima anima fragile indagata da questa pellicola, un giovane timido e spaventato dalla vita che convive con un’ingombrante figura materna che per un drammatico divorzio finisce in una clinica psichiatrica.

VULNERABILI- RECENSIONE DEL FILM DAL 9 LUGLIO AL CINEMA

Storie che si intrecciano, si slegano e poi si ritrovano, Vulnerabili è un viaggio nella vita degli altri, un altro che però non fatichiamo a trovare in ognuno di noi. Se infatti ogni famiglia vista da fuori sembra perfetta, Bourdos è proprio su questo che vuole giocare; scardinando l’intimità del nucleo familiare la sua macchina da presa entra nelle case dei personaggi, si insinua nelle loro dinamiche familiari e ci mostra storie di vite spezzate che cercano di ritrovarsi, di riallinearsi e sopravvivere.

I personaggi, accomunati da dolore e solitudine, si perdono nelle pieghe della vita, ne restano intrappolati e quasi soffocati. La storia, raccontataci con una narrazione quanto mai frammentata, fatta di incastri e incontri, trascina lo spettatore in questa danza di anime perse, restituendoci quella confusione che contraddistingue gli stessi personaggi.

Quello di Vulnerabili è un racconto senza giudizio, il buio della vita è portato in scena senza filtri, mostrato ma non stigmatizzato. Colori accesi, di un rosso fumante si scontrano con immagini cupe e appannate, soprattutto grazie alla fotografia di Ping Bin Lee, che riesce a farci perdere nel bosco fitto dell’esistenza in una delle più drammatiche scene del film. Solo momenti essenziali vengono portati in scena, quelle scelte fondamentali che determinano l’esistenza stessa. Ne deriva quindi una visione tutt’altro che semplice e lineare, Vulnerabili infatti è una storia difficile e di altrettanto difficile fruizione, ma probabilmente è proprio questo l’intento del regista, mettere lo spettatore davanti ad una vita vera, fatta di momenti bui che solo se vissuti possono essere compresi.

Vulnerabili è disperazione, rapporto familiare, fragilità umana, bisogno di sicurezze e punti fermi, violenza e tentativi di liberarsi, cadute e lontanissime risalite, in un mondo che sembra sempre sfuggire. Il dramma della vita si espande per tutta la durata del film e, solo sul finale, riusciamo ad intravedere una luce, un sorriso di Josephine che si ricongiunge con il tono iniziale dandoci quella, seppur minima, speranza di una serenità desiderata.