Nel mondo del cinema di autori veramente liberi e ribelli non ce ne sono stati molti, nonostante le apparenze “rivoluzionarie” di tanti. Sono stati quei sceneggiatori e registi cha hanno pagato con la prigione e l’emarginazione la loro fedeltà a un ideale di giustizia e di libertà da difendere contro il Potere dominante e contro il conformismo di un popolo ingannato o peggio plagiato da nefaste ideologie camuffate da politiche provvidenziali. Uno di questi irriducibili “resistenti” è stato Dalton Trumbo, sceneggiatore di successo a Hollywood vittima nel dopoguerra della caccia alle streghe promossa dal senatore Mc Carthy per la sua appartenenza al partito comunista americano e finito prima in prigione e poi allontanato dagli ambienti del cinema e costretto a firmare i suoi lavori con il nome di colleghi insospettabili, come nel caso del soggetto del celebre Vacanze romane di William Wyler vincitore di un Oscar ma intestato a tal Jan Hunter. La vicenda umana di Trumbo è ora raccontata nel film L’ultima parola dove il regista Jay Roach ne ripercorre i momenti salienti tra vita privata e impegno professionale fino alla riabilitazione avvenuta nei primi anni ’60 grazie a Otto Preminger che inserisce il suo nome come sceneggiatore nei titoli di Exodus e a Stanley Kubrick che lo vuole come autore del copione di Spartacus. Il film è un bel ritratto di un moderno eroe della libertà e si avvale di una ottima interpretazione di Bryan Cranston nel ruolo dello scrittore inserito in una attendibile ricostruzione del contesto storico e culturale che vide molti registi,tra cui Elia Kazan e Edward Dmytryk, tradire le loro idee e abiurare per non vedere distrutta la loro carriera. Oltre ai momenti drammatici rievocati da Roach nella sua opera,vogliamo ricordare che Trumbo è stato anche lo sceneggiatore Loseydi Solo sotto le stelle, film girato nel 1962 da David Miller che racconta in forma elegiaca dell’ultimo cow-boy amante della giustizia braccato dagli elicotteri della polizia e investito durante la fuga con il fedele cavallo sull’autostrada da un tir carico di w.c. E vogliamo anche ricordare il film da lui diretto nel 1972 E Johnny prese il fucile, un potente atto d’accusa contro la guerra che descrive il calvario in ospedale di un soldato ridotto a un tronco umano muto e immobile sul letto.

Una volta chiesero a Joseph Losey, anch’egli finito nella lista nera di Hollywood e costretto a vivere in esilio in Europa sotto falso nome, se ci fosse speranza contro ogni forma di dittatura e il regista di Il ragazzo dai capelli verdi rispose “ Sì. Finchè ci sarà uno solo che dirà “no”. E dire no può costare anche un prezzo molto caro e mai un avanzamento di carriera come accade per molti falsi libertari che parlano di ideali quando farlo non mette a rischio i loro privilegi. La storia del cinema ha esempi di tale coerenza pagata cara in persone come Trumbo, Losey, Chaplin, Dassin e Welles ma è anche piena di opportunisti pronti a cambiare casacca secondo le convenienze soprattutto quando è il regime a garantire la pagnotta. E questo per uno che si definisce un artista è una evidente “contraddizione in termini” dal momento che il primo imperativo dell’arte è quello di essere disinteressata e sempre a favore di quello che non c’è contro quello che c’è.