Dell’insopportabile e angosciante esperienza bellica, il cinema ha raccontato tante storie dedicate a vittime e combattenti.
Ognuna di queste, raccoglie stralci di vite colme di una sofferenza che si propaga fisicamente e psicologicamente.
Nella grande sezione dedicata ai film di guerra trovano spazio tutte quelle pellicole sulla resistenza, che pongono l’attenzione dello spettatore sulle conseguenze e sull’assurdità dei conflitti come fenomeno disumanizzante da condannare.
All’interno di questo genere più netto, trovano posto alcuni grandi lungometraggi che varrebbe la pena vedere…
La riflessione sull’orrore
La Sottile Linea Rossa

diretto da Terrence Malick, è un film in cui l’esistenza umana sul campo di battaglia si contrappone all’efferatezza della natura.
La guerra non nobilita l’uomo, lo fa diventare un cane rabbioso. Avvelena l’anima.
È di questo che si tratta, perdere se stessi di fronte ad una madre natura che fa da teatro allo scontro tra America e Giappone, avvenuto nel 1942 sull’isola di Guadalcanal.
Proprio qui il battaglione di fucilieri Charlie dell’esercito degli Stati Uniti deve debellare la base d’aviazione giapponese, situata sull’isola, per conquistare una migliore posizione strategica.
Lasciandosi ispirare dall’omonimo libro di James Jones, Malik sfrutta il suo carattere distintivo della ‘voice over’ per definire i conflitti interiori come i legami che si logorano per la lontananza da casa e l’uccisione di un altro essere umano, qualcosa per cui non si torna più indietro.
Mentre Steven Spielberg arriva in sala nello stesso anno (1998) con Salvate il Soldato Ryan, raccontando eroicamente la realtà della guerra, La Sottile Linea Rossa si posiziona su una dimensione nettamente più filosofica in cui il conflitto rappresenta quasi una cornice nella quale sono mostrati dei soldati in preda alla paura di restare uccisi e alle conseguenze morali del togliere la vita ad altri.
Basti pensare alla diatriba tra il Colonnello Tall ed il Capitano Staros. Quest’ultimo è mosso dal dovere etico di non voler sacrificare inutilmente le vite dei propri uomini, scontrandosi col profondo senso gerarchico legato all’ambiente militare.
Nel film viene dato spazio al personaggio del soldato Witt che si trova in una dimensione completamente opposta al sergente Welsh: il primo valoroso che si sacrifica per i suoi compagni, mentre il suo superiore si lascia trasportare nel suo materialismo ancorato alla sua personale arida realtà.

Un cast hollywoodiano estremamente ricco composto da Sean Penn, Jim Caviezel, Adrien Brody, Jared Leto, Woody Harrelson, Nick Nolte, Elias Koteas, John Christopher Reilly, John Travolta, George Clooney e molti altri, è sicuramente un valore aggiunto al film, anche se moltissimo è dato dal regista.
La Sottile Linea Rossa si compone di grandi interpretazioni e di coralità, poiché non ci si focalizza unicamente su un protagonista. Tutti i personaggi sono funzionali alla narrazione e ognuno di loro vive un profondo tormento interiore dato dalla posizione di ferocia che sono costretti a mantenere, anche contro la loro volontà.
È la crudeltà dell’essere umano ad essere posta al centro mentre la natura non può fare altro che subirne gli effetti.
L’efferatezza umana fuori controllo
Vittime di Guerra

Nel 1989 Brian De Palma firma Vittime di Guerra (Casualties of War), ispirato ad una vicenda realmente accaduta nel 1966 e conosciuta come incidente della collina 192, successivamente portata all’attenzione pubblica con un articolo pubblicato sul The New Yorker dal giornalista Daniel Lang.
Con questo film ci si sposta negli anni Sessanta durante la guerra del Vietnam. La squadra di soldati dell’esercito statunitense, capitanati dal sergente Tony Meserve (Sean Penn), dopo aver subito la perdita di un proprio componente, si organizza con l’intenzione di rapire e stuprare Than Thi Oah una ragazza vietnamita.
All’interno del gruppo l’unico ad avere il vero coraggio di opporsi fino alla fine è il soldato Sven Eriksson (Michael J. Fox).
È proprio lui ad andare anche contro i suoi più diretti superiori pur di denunciare l’accaduto, portando i membri del suo ex gruppo di fronte alla corte marziale.

Ciò che rende Vittime di Guerra un film antimilatirsata è la forte opposizione di Eriksson verso la condanna al male e all’abuso di un potere volto a insabbiare un crimine. Con una continua oscillazione tra dovere e crimine, De Palma evidenzia l’aspetto più animalesco, feroce e crudele dei soldati che si lasciano divorare dal germe della guerra.
Vittime di Guerra è un film che gioca tutto sul flashback iniziando con un protagonista che, durante un viaggio in autobus, si lascia prendere dal trauma e dal senso di una colpa che non gli appartiene. Con forte dinamismo e ferocia il film scorre, anche grazie alle grandi interpretazioni di cui gode, mettendo in scena l’incubo e l’orrore della guerra.
I danni collaterali dell’incubo bellico
E Johnny Prese il Fucile

Un film che sicuramente si pone a denuncia della guerra è E Johnny Prese il Fucile scritto e diretto da Dalton Trumbo, che ha vinto il Premio Speciale della Giuria alla 24esima edizione del Festival di Cannes nel 1971.
Nella sua prima e unica occasione registica, Trumbo sviluppa la sceneggiatura dal suo omonimo libro del 1939 dando vita ad un film profondamente antimilitarista in cui il protagonista è completamente deturpato dalla guerra.
Il giovane panettiere Joe Bonham (Timothy Bottoms) è costretto a vivere con l’aspetto di un tronco umano a causa della granata che lo ha colpito durante il combattimento sul fronte francese nella Prima Guerra mondiale. La guerra lo ha ormai privato di qualunque cosa, Joe è rimasto con il volto completamente sfigurato e senza la possibilità di parlare, vedere e sentire. Egli passa la sua vita in un ospedale militare convivendo con i suoi ricordi e con i propri incubi in cui vede e parla con Gesù (Donald Sutherland) mettendo in discussione le scelte politiche e gli insegnamenti che portano un uomo a distruggere se stesso. L’unico modo che Joe ha di comunicare è utilizzando il codice morse in cui chiede di farsi propaganda contro la guerra, ma gli viene negato. Non potendo scegliere la propria fine, rimane solo, e tormentato chiede disperatamente SOS battendo il capo.

E Johnny Prese il Fucile è un film estremamente forte che, nell’atrocità di ciò che racconta, mette in campo il dubbio religioso sull’esistenza di Dio oltre che un’aspra contestazione della guerra e delle scelte militari che ne derivano.
Trumbo alterna continuamente la realtà alla dimensione onirica e ai ricordi del protagonista. Giocando sulla scelta del colore per ciò che avviene nella mente di Joe e del bianco e nero per rappresentare la dimensione concreta di sofferenza.
Per tutta la sua durata, il film è ricco di dialoghi se si pensa a tutti i flashback e le proiezioni che albergano la mente del protagonista. Sicuramente E Johnny Prese il Fucile rappresenta un tortuoso cammino interiore – più che psicologico – in cui la storia si fa carica di angoscia, anche se in alcuni punti si percepisce una sorta di lentezza narrativa.
Una narrazione che cambia prospettiva
Tra cielo e terra

Dopo Platoon e Nato il Quattro Luglio, nel 1993 esce nelle sale Tra Cielo e Terra.
Film scritto e diretto da Oliver Stone che riprende i due libri della scrittrice vietnamita Le Ly Hayslip.
Tra Cielo e Terra è un film che si basa interamente sul punto di vista di Le Ly (Lê Thị Hiệp) voce narrante e protagonista che inizia a conoscere la dura realtà già da bambina: prima con la guerra d’Indocina e successivamente con la guerra del Vietnam.
In un clima di disordini, in cui la popolazione supporta i Viet-Cong mentre la zona è occupata da americani e vietnamiti del sud, Le Ly cerca di fuggire dalla guerra spostandosi da una città all’altra. Dopo aver convissuto col degrado e la povertà, incontra il sergente statunitense Steve Butler (Tommy Lee Jones) con cui si trasferisce a San Diego, salvandosi dalla caduta di Saigon.
In America Le Ly inizia a scoprire il lato più oscuro di Steve che, completamente traumatizzato e disilluso dall’esercito, spinge la donna verso il divorzio ed egli verso il suicidio. Dopo i tanti ostacoli trovati sul suo cammino, Le Ly ritorna a trovare la sua terra insieme ai suoi figli.
Tra Cielo e Terra è un film in cui si mescolano la spiritualità buddhista, le conseguenze della guerra e il tortuoso percorso di vita di una donna.
Il punto di vista femminile rappresenta quel tratto distintivo che scandisce ogni momento della narrazione e che fa da ponte col passato.
Rispetto ai film precedenti, la violenza non è solo quella che si trova sul campo di battaglia, ma anche quella che agisce tramite stupro e prostituzione.

Tra Cielo e Terra pone lo spettatore di fronte ad una narrazione ricca di informazioni e molto articolata. Non ci si sofferma solo sul contesto bellico, ma si guarda alla consumistica società americana intesa anche come punto di partenza per una nuova vita.
La componente spirituale – insieme alla natura – è parte fondamentale per la protagonista che sente il bisogno di portare con sé, e sui suoi figli un karma positivo. Il film sfrutta un ritmo narrativo non sempre costante e circa a metà sembra rallentare troppo, per poi riprendersi più avanti.
Nella sua complessità e prolissità, Tra Cielo e Terra si compone anche delle ottime interpretazioni di Lê Thị Hiệp e Tommy Lee Jones che riesce perfettamente a trasmettere quella sofferenza figlia di traumi ben più grandi.