Three billoboards outside Ebbing, Missouri, ultima opera del regista londinese di originale irlandesi Martin McDonagh, arriva alla 74° mostra del cinema di Venezia,
A quasi un anno dallo stupro e dall’atroce omicidio della figlia, Mildred Hayes (Frances McDormand), per smuovere la situazione e far tornare ad indagare le forze dell’ordine, decide di comprare lo spazio di tre cartelloni pubblicitari per scrivere un messaggio polemico nei confronti di William Willoughby (Woody Harrelson), lo stimato capo della polizia locale. Il gesto sembra raggiungere lo scopo, anche se tutta la popolazione si accanisce contro questo genitore disperato. La situazione si complica quando l’agente Dixon (Sam Rockwell), sbirro immaturo, razzista e viziato, si intromette fra Mildred e lo sceriffo di Ebbing.
Three billboards outside Ebbing, Missouri indaga la provincia americana con occhio severo, ma al tempo stesso affettuoso: Martin McDonagh costruisce dei protagonistii ambivalenti, mai del tutto positivi o negativi, la psicologia di essi, anche e soprattutto dei comprimari, è studiata in ogni minima sfumatura senza cadere mai nello scontato. Questa cura maniacale nei confronti dei personaggi, unita ad una recitazione magistrale (Frances McDormand meriterebbe la Coppa Volpi), fanno di Three billboards outside Ebbing, Missouri un’opera di grande spessore sociale, difficile ed intensa, spietata come la violenza irrazionale che brucia letteralmente lo schermo e introspettiva e dolorosa come lo sguardo di una madre in cerca di giustizia per la figlia brutalmente assassinata.
Nel raccontare il dramma di Ebbing il regista di Sette psicopatici utlizza un linguaggio molto lontano dalle pellicole sullo stesso argomento e davvero vicino al genere Western: campi lunghissimi e sequenze morbide sulle sconfinate distese del Missouri si alternano a dettagli strettissimi sui volti e sugli occhi dei personaggi. Scatti di violenza esplodono irrazionali, situazioni semplici e di facile letture finiscono in un vicolo cieco, senza possibilità di soluzione. Lo spettatore è pienamente coinvolto nella narrazione e i continui e improvvisi colpi di scena lo disorientano e lo invogliano a scoprire il finale.
Three billboards outside Ebbing, Missouri è un film assolutamente da vedere in quanto completo in ogni aspetto, dalla regia alla sceneggiatura, dall’interpretazione alla fotografia. Un’opera importante perché ci offre uno spaccato del sud degli stati uniti diverso dall’immaginario comune: spietato e folle come quello descritto da Rob Zombie, misterioso, incomprensibile e ironico come quello che ci si immagina leggendo un noir di Lansdale, ma comunque originale e personale.
Dopo molti film discutibili e poco avvincenti Three billboards outside Ebbing, Missouri mette d’accordo pubblico e critica e si candida, con tutte le ragioni, alla vittoria del Leone D’Oro.
[…] estremo. Decisamente in antitesi con il loro mondo sarà il capitano della nave (uno strepitoso Woody Harrelson), sempre chiuso nella sua cabina ad ascoltare L’Internazionale, ma che raggiunge gli ospiti della […]
[…] Martin McDonagh, che già nel 2017 aveva riscosso grande successo al Lido con il suo Tre Manifesti a Ebbing, Missouri (insignito del Premio Osella alla Miglior […]
[…] Justin Long, Debi Derryberry, Haley Reinhart, Mo Collins, Trevor Devall, Kevin Michael Richardson e Sam Rockwell. La serie nata nel 2015 è prodotta da Brian J Cowan – stesso produttore di Futurama – […]
[…] Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri è sicuramente la pellicola meglio riuscita del regista e sceneggiatore McDonagh, una storia forte con personaggi meravigliosamente imperfetti. Il finale aperto sottolinea, ancora una volta, che nel film non si stia cercando il colpevole, ma che si voglia entrare in quella piccola e chiusa comunità americana. Sarà proprio la splendida evoluzione dei personaggi principali che permetterà di raggiunge il culmine della spiazzante pellicola. […]
[…] Glory la sindacalista, il personaggio di Frances McDormand (Fargo, Nomadland, Tre manifesti a Hebbing, Missouri), è lo specchio del totale fallimento dell’attivismo lavorativo negli Stati Uniti, che […]